La nona giornata dell’invasione dell’Ucraina si è aperta con una notte di terrore. Intorno alle 2, ora italiana, c’è stato un attacco russo contro la centrale nucleare di Zaporizhzhia. L’impianto, uno dei più grandi d’Europa, che rifornisce quasi metà dell’energia ucraina, è stato bersagliato da tiri d’artiglieria e mitragliatrici pesanti, provocando l’incendio di una delle sei unità. Per qualche ora, insomma, è stato evocato lo spettro di una nuova Chernobyl.
Notizie dal posto indicavano che i pompieri non riuscivano ad accedere alla centrale perché “sotto tiro” da parte delle forze russe. Da quel momento sono partiti, nel cuore della notte, gli appelli a cessare immediatamente i combattimenti attorno alla centrale, dal governo ucraino all’agenzia atomica dell’Onu (Aiea), dal presidente Usa Joe Biden, che ha parlato al telefono con il leader ucraino, Volodymyr Zelensky, come ha fatto anche il premier britannico, Boris Johnson, che ha detto di voler convocare d’urgenza il Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Dopo due ore di terrore, il portavoce della centrale ha fatto sapere che alla fine i Vigili del fuoco hanno potuto raggiungere l’impianto e spento l’incendio. La sicurezza della centrale atomica “è stata ripristinata”, ha quindi dichiarato un comandante militare locale ucraino. Poi la stessa Aiea, in contatto con le autorità locali, ha comunicato che “le attrezzature essenziali” della centrale non “sono state compromesse dall’incendio” e che non ci sono state fughe radioattive, come per alcuni minuti fonti locali avevano fatto temere.
La centrale è ora nelle mani dei russi. L’Aiea continua a monitorare da vicino gli sviluppi e rimane in costante contatto con l’Ucraina. Questa mattina si è tenuta una conferenza stampa per fornire tutte le informazioni in merito all’incidente. Secondo Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Aiea, “non ci sarebbe nessun rilascio di radiazioni”.
Dopo l’incendio alla centrale nucleare nella città ucraina di Energodar “nessun reattore è stato coinvolto o colpito”, ha rassicurato Grossi, che ha aggiunto di essere pronto a rispondere alla richiesta di assistenza da parte di Kiev: “Si tratta di una richiesta che non lasceremo cadere nel vuoto. Sono pronto ad andare nel Paese”, ha detto in conferenza stampa, a Vienna. “La situazione è fragile e instabile. Tutti e sei i sistemi di sicurezza non sono stati colpiti. Di tutte le unità, una sola sta operando al 60% delle sue capacità”.
Anche il premier Mario Draghi ha condannato l’attacco alla centrale nucleare di Zaporizhzhia: “Un attacco contro la sicurezza di tutti. L’Unione Europea deve continuare a reagire unita e con la massima fermezza, insieme agli alleati, per sostenere l’Ucraina e proteggere i cittadini europei”.
“Non farei un mix tra guerra e centrale nucleare. Una cosa è il nucleare come fonte energetica per garantire il riscaldamento e l’attività economica, altra cosa è il nucleare delle armi. E’ chiaro che le centrali devono essere tenute in sicurezza, però su moltissime altre infrastrutture e impianti pericolosi vale lo stesso discorso. Quando c’è una guerra purtroppo i rischi e i drammi sono presenti, su questo dobbiamo cercare di far fronte utilizzando tutti gli strumenti che abbiamo per cercare di evitare che questa guerra prosegua verso un’escalation” ha detto il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, in merito agli ultimi sviluppi della guerra in Ucraina.
“Ancora una volta il sistema delle Regioni – in un’ottica di collaborazione istituzionale – è pronto a fare la propria parte per far fronte alla nuova emergenza collegata all’accoglienza dei profughi provenienti dall’Ucraina. Lo abbiamo confermato oggi nella riunione della Conferenza delle Regioni e nel confronto che abbiamo avuto con il Capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, sulla prossima ordinanza di Protezione civile che vedrà i Presidenti delle Regioni nel ruolo di Commissari”, ha dichiarato Fedriga.
“Rispetto all’ordinanza che sta per essere emanata abbiamo chiesto un approfondimento ulteriore, tecnico e politico, sulla parte della gestione della prevenzione e dell’assistenza sanitaria, a partire dalle vaccinazioni e dai tamponi. Sulla governance abbiamo poi formulato alcune proposte migliorative del testo. In termini più generali – ha aggiunto Fedriga – abbiamo sollevato una questione centrale: l’esigenza di dar vita ad un sistema organizzativo alle nostre frontiere anche con il coinvolgimento del ministero della difesa e l’ausilio delle forze armate”.