E’ mancato, a Trieste, Riccardo Goruppi, partigiano, sopravvissuto alla deportazione nei lager nazisti e per tutta la vita testimone degli orrori della Shoah. Presidente onorario dell’Associazione nazionale ex deportati giuliana, aveva 94 anni ed era molto noto proprio per la sua attività di divulgazione di ciò che accadde durante la Seconda Guerra Mondale, iniziata in forma privata negli Anni ’60 e poi, pubblicamente, a partire dagli Anni ‘80.
Nel 1944, da partigiano 17enne, fu arrestato assieme al padre Edoardo a seguito di una delazione. Incarcerato nella Trieste occupata dalle truppe naziste, fu deportato prima a Dachau, per poi essere trasferito nei campi di Leonberg, Mühldorf e Kaufering.
Goruppi – Gorup prima dell’italianizzazione imposta dal regime di Mussolini – era nato a Prosecco nel 1927 e apparteneva alla comunità slovena in Italia. Quando fu liberato dagli Alleati, era ammalato di tifo, pesava pochi chili e perdeva spesso conoscenza; era ancora in vita, ma aveva perso il padre. La testimonianza, per lui, era un dovere civile e morale, che non aveva mai trascurato anche negli ultimi anni.
Con la sua morte, afferma la storica Dunja Nanut, presidente dell’Aned Trieste e autrice della biografia di Goruppi, “viene meno una colonna portante. Un punto di riferimento, capace di comprendere i problemi del passato e dell’oggi. A noi resta un vuoto incolmabile”.
“Con Riccardo Gorup scompare un pezzo importante della nostra storia: prima di morire nel Lager, il padre gli aveva consegnato un compito oneroso, quello di raccontare”, ricorda la senatrice Tatjana Rojc. “E Riccardo, sopravvissuto, ha raccontato. Senza sosta. Con la consapevolezza che la testimonianza rappresenta l’unica arma, affinché l’umanità, ma i ragazzi soprattutto, si rendano conto di ciò che è stato e che speriamo non si ripeta mai più. Un grande uomo, Riccardo, che ha avuto il coraggio di affrontare l’orrore del proprio vissuto giorno dopo giorno, anno dopo anno, e condividerlo con noi tutti. Una figura di cui non dobbiamo dimenticare la grande eredità morale e portarla avanti, per noi ma anche per lui”.