Hanno visto la tragedia del terremoto del Nepal con i loro occhi. E, per fortuna, ce la possono raccontare. Si tratta di Alessandro Cozzutti e Silva Copetti, la coppia di Osoppo che in queste settimane si trovava nel Paese tragicamente colpito dal sisma per avviare un centro di formazione per i ragazzi orfani. Dopo due giorni nel caos di Kathmandu, sono riusciti a rientrare nella notte tra domenica 26 e lunedì 27 aprile in Friuli. “Da un anno stavamo lavorando a questo progetto – ci conferma Alessandro, che abbiamo raggiunto al telefono – e il sopralluogo serviva proprio per definire gli ultimi dettagli. L’idea era quella di insegnare un mestiere ai tanti giovani senza genitori che, dopo la maggiore età, si ritrovano per strada e non hanno gli strumenti per sopravvivere. La cosa peggiore è che dal 25 aprile non abbiamo più notizie della persona che avrebbe dovuto coordinare la scuola, situata nella periferia della capitale. Speriamo di cuore di poter ricevere al più presto aggiornamenti anche se, vista la situazione (molte zone del Paese sono senza elettricità), non è facile”.
In attesa di un messaggio dal Nepal, il primo pensiero di Alessandro e Silva va alle popolazioni: “Ci impegneremo per sostenere la raccolta fondi lanciata da Friuli Mandi Nepal Namastè dell’amico Massimo Rossetto, che ci ha aiutato moltissimo dal punto di vista logistico per realizzare la nostra scuola. Quello che abbiamo visto è un Paese in ginocchio, dove migliaia di persone hanno perso tutto e iniziano a scarseggiare anche i viveri. Spero davvero che gli aiuti possano arrivare al più presto, perché la situazione peggiora di ora in ora”. (QUI TUTTE LE INFORMAZIONI SU COME DONARE)
“Quando è arrivata la scossa (alle 12 locali) stavamo bevendo un te assieme al direttore di una delle scuole sostenute da Friuli Mandi Nepal Namastè”, continua Cozzutti, che da 25 anni si occupa, come volontario, di progetti di sostegno ai più piccoli, prima in Africa e ora in Asia. “Io, che nel 1976 avevo 10 anni e ricordo benissimo il terremoto in Friuli, ho capito subito cosa stava succedendo. La scossa è stata fortissima e il movimento sussultorio impediva di stare in piedi. Ho fatto in modo che ci spostassimo tutti in uno spiazzo perché intorno a noi era il caos: tutto crollava e la gente si era riversata in strada in preda al panico. Bisogna pensare che nessuno sapeva cosa fosse un terremoto, quindi le persone erano terrorizzate e incapaci di gestire razionalmente la situazione. Ci siamo rifugiati vicino a un tempietto per un paio d’ore. Poi abbiamo raggiunto la nostra stanza, lì vicino, e a fatica – tutto era in condizioni precarie – abbiamo recuperato gli zaini e ci siamo incamminati verso l’aeroporto (nella foto). Lungo la strada – dove tutto era crollato, a cominciare dai pali della luce – abbiamo fatto tappa all’orfanotrofio Yauc gestito da Friuli Mandi Nepal Namastè. I bimbi stavano tutti bene e li abbiamo rassicurati, spiegando anche come mettersi in sicurezza in vista delle ulteriori scosse. Quindi abbiamo raggiunto la pista e lì abbiamo atteso un volo che ci riportasse in Italia. E ogni volta che la terra tremava (lo sciame sismico è stato intensissimo, ndr), continuavamo a pensare ai bambini e a sperare di poter fare qualcosa per loro. Vista la drammaticità della situazione, infatti, saranno i più piccoli a pagare il peso più importante della tragedia”.