Il referendum sull’acqua? Non si farà. Questa la decisione del Consiglio regionale dove un mese fa era stata depositata la richiesta di indire una consultazione popolare per abrogare la legge n. 5 del 2016 sull’organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, sottoscritta da 1.336 cittadini. L’esito finale della votazione dell’Aula ha visto 27 tra consiglieri di maggioranza e assessori esprimersi contro l’ammissibilità del referendum, mentre 19 consiglieri di opposizione e il consigliere Pustetto hanno votato a favore della consultazione.
“Il quesito contenuto nella proposta – si legge nell’ordine del giorno – non rispetta il requisito di ammissibilità, secondo cui non possono essere sottoposte a referendum abrogativo le leggi regionali il cui contenuto sia reso obbligatorio da norme dello Statuto o da norma statali vincolanti per il legislatore regionale. Inoltre, la normativa di risulta consentirebbe di supplire solo alla mancanza di una legislazione regionale per i servizi di gestione dei rifiuti attraverso la continuità delle gestioni esistenti, mentre tale continuità non sarebbe assicurata per il servizio idrico. In secondo luogo, l’abrogazione referendaria esporrebbe la Regione al potere sostitutivo statale. Terzo e non ultimo, la legge regionale 5/2016 è interessata da obblighi che derivano dall’appartenenza all’Unione europea, previsti in particolare dalle direttive in materia di gestione dei rifiuti, di gestione dei corpi idrici, di protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento, di trattamento delle acque reflue urbane, di appalti pubblici”.
La rabbia dei comitati: “Porteremo la questione alla Corte Europea”
“Come volevasi dimostrare: la farsa si è compiuta e la maggioranza, con Serracchiani in testa, decretando la inammissibilità del referendum abrogativo della legge 5/2016, ha sancito il disprezzo per la democrazia”, afferma Aldevis Tibaldi, del Comitato per la Vita del Friuli Rurale. “Non paghi di fare ciò che vogliono e come vogliono, nella giornata di martedì, al fine di dare una parvenza di legittimità, ci hanno convocato per un’audizione mai richiesta, né motivata da una presa di posizione su cui essere auditi. Per trenta minuti ininterrotti abbiamo espresso le nostre ragioni e le nostre puntuali recriminazioni davanti a un vero e proprio muro di gomma che ha incassato senza colpo ferire. I capigruppo della maggioranza avevano già pronta una dichiarazione di voto elaborata ad arte in precedenza. L’aula è stata spinta a votare in fretta e furia e ai Consiglieri è stata negata persino la documentazione in atti. A noi – conclude Tibaldi – rimane l’orgoglio di avere tenuta alta la dignità delle nostre popolazioni e di voler difendere i beni comuni dall’affarismo imperante. A noi rimane la forza della ragione e la ferma intenzione di portare il destino delle nostre genti davanti alla Corte Europea”.