Il prossimo 21 marzo l’Osservatorio regionale antimafia, istituito nel 2017, presenterà al Consiglio regionale la sua prima relazione annuale. A giudicare da quanto ci ha detto il coordinatore dell’Osservatorio, il prefetto Michele Penta, i contenuti della relazione saranno tutt’altro che incoraggianti: “Da vari anni a questa parte – ci dice Penta ricordando che il primo allarme lo lanciò Paolo Borsellino nel 1989 a Udine – è in corso un’evoluzione che non induce a star tranquilli, anzi semmai è il contrario”.
In passato si parlava di rischio di infezione, ma l’impressione è che ormai sia conclamata anche da noi. E’ così?
“I tentativi di infiltrazione avvengono da anni e in alcuni settori economici e produttivi si sono ormai radicati. Il riciclaggio è un fenomeno molto preoccupante, al pari del traffico di droga e armi. D’altro canto parlano chiaro le indagini della magistratura, in particolare della Direzione distrettuale antimafia guidata dal giudice Carlo Mastelloni, che dal 2014 ha dato forte impulso alle operazioni antimafia. Stanno tentando anche di infiltrarsi negli appalti, tramite il sistema delle scatole cinesi. Per fortuna la Dia continua a vigilare, tanto è vero che dal 2018 a oggi sono stati fatti ben 35 accessi ispettivi nei cantieri per la terza corsia. Ci sono invece alcuni settori nei quali la mafia non si è ancora evidenziata, come estorsioni e usura. E’ possibile che si sia ancora allo stadio larvale, ma è pur vero che questi reati richiedono la denuncia delle vittime”.
Su altri versanti la criminalità mafiosa è più attiva?
“I segnali sulle attività di riciclaggio sono evidenti, in particolare nelle attività commerciali e di ristorazione, come dimostrano i casi di sequestro dei negozi collegati ai Piromalli. Non si può più parlare di incursioni sporadiche, ma di realtà consolidata. L’attività investigativa compiuta e i numerosi sequestri conservativi di beni gestiti da mafiosi, n’dranghetisti e camorristi lo dimostrano pienamente”.
Gli antidoti possibili?
“L’Osservatorio fornisce a Consiglio regionale e Giunta una lettura della situazione. Posso confermare senza timore di smentita che, nonostante si tenda ancora a minimizzare il fenomeno, la realtà in Fvg è più difficile di quanto si immagini. Borsellino disse che anche da noi il consolidamento della criminalità organizzata sarebbe avvenuta tramite personaggi insospettabili e imprenditori compiacenti, esattamente come è già avvenuto in Veneto e Lombardia. I mafiosi vanno dove ci sono i soldi perché hanno bisogno di un’economia vitale per riciclare i loro proventi. Bisogna prendere atto della situazione e contrastarla non solo con gli strumenti classici dell’investigazione, ma investendo sulla creazione a tutti i livelli di una cultura antimafia, ben sapendo che il tentativo di infiltrazione parte dalle piccole realtà per arrivare poi ai vertici. Serve dunque investire sulla legalità perché chiunque, dal funzionario al semplice cittadino, deve essere consapevole del rischio di finire impigliato nella rete dei mafiosi”.