Ogni anno, un medico di medicina generale del Friuli Venezia Giulia fa 8 mila visite (22 al giorAno, feste comprese) ai suoi oltre mille pazienti.
In media ogni assistito si reca dal ‘dottore di fiducia’ ogni mese e mezzo.
Il tempo medio della visita è di 8 minuti. Ridotta a statistica, l’attività del medico di medicina generale potrebbe ricordare quella del professor Guido Tersilli, personaggio immoltalato sul grande schermo da Alberto Sordi ne ‘Il medico della mutua’. Un paziente via l’altro.
Meglio che altrove
“In realtà – spiega Romano Paduano, segretario regionale del Fimmg (il sindacato dei ‘dottori di fiducia’), che ci ha fornito i dati -, il tempo dedicato dai medici friulani al paziente è superiore ad altri Paesi della Ue.
Nel Vecchio continente, ci si limita anche a 5-6 minuti a testa. Comunque, resta il fatto che il numero delle visite ha subito un aumento spaventoso. Da una parte, ciò è stato determinato dall’invecchiamento della popolazione. Gli anziani soffrono spesso di malattie croniche ed è il medico di medicina generale a dover effettuare i controlli, anche 24 all’anno”.
Dall’altra, la crescita delle visite – e quindi delle interminabili attese in sala d’aspetto – è dovuto, lamentano i camici bianchi, al peso dell’attività burocratica alla quale sono sottoposti. Ma quali sono, nei fatti, questi disbrighi?
“Facciamo qualche esempio. Prendiamo – risponde Paduano – la prescrizione di presidi medici, come quella delle strisce per controllare la glicemia dei diabetici, ma si potrebbe pensare ai pannoloni o ad altro. La legge vuole che ogni mese il paziente torni dal medico per farsi rifare la ricetta.
Il diabetico, insomma, deve recarsi in studio 12 volte all’anno. Non sarebbe meglio fare una prescrizione che vale 12 mesi, dato che si tratta di una malattia cronica? Altro problema, l’impegnativa per le analisi chieste dallo specialista.
Questi, per fare una diagnosi, ha spesso bisogno di alcuni esami. In un mondo perfetto, lo specialista manda il paziente al reparto e nel giro di qualche ora può dare il suo verdetto. Non anelo a tanto, ma perché l’impegnativa non può essere compilata dallo specialista, evitando che l’ammalato torni dal medico di fiducia per una ‘carta’?”.
Autocertificazione
Gli esempi continuano. “Poniamo che un lavoratore – prosegue il medico – soffra di emicrania a grappolo.
La persona, di solito il giorno dopo, viene da me per il certificato medico. Io non posso che compilarlo credendogli sulla parola. Visto che non cambia nulla, perché non optare per l’autocertificazione per le malattie brevi?
Tra l’altro, se il lavoratore la comunica immediatamente all’Inps, questa può verificare il suo stato di salute. Così come è oggi, il controllo è impossibile”.
Furbetti al contrario
L’obiezione sull’autocertificazione si presenta immediatamente: e i ‘furbetti’? “Di furbetti – argomenta Paduano – ce n’è sempre meno. Anzi, con la crisi siamo passati al fenomeno inverso. C’è chi non vuol fare analisi perché non ha i soldi per pagare i ticket. C’è chi dice ‘Cinque giorni di malattia? Dottore, mi lasci a casa un po’ di meno, il minimo indispensabile’. Si tratta dei cottimisti, dei lavoratori a tempo determinato e altre categorie che temono di perdere il posto a causa della salute.
Ai malanni dovuti alla crisi ci sono da considerare anche le depressioni, un aumento a doppia cifra, anche tra chi il lavoro ce l’ha (le preoccupazioni riguardano i figli). E sì che l’Oms aveva previsto questa nuova ‘epidemia’”.
Ostacolo digitale
Ancora esempi. “Pensiamo – dice Paduano – all’informatica e alla spedizione digitale del certificato medico. Tutto si risolverebbe con una ‘app’ per tablet.
Peccato che le applicazioni a nostra disposizione non funzionino. Dopo aver visitato il paziente, devo tornare in studio e spedire la ‘carta’ con il pc (l’Adsl non arriva in tutta la regione). Poi telefono all’ammalato per dargli un codice che va comunicato al datore del lavoro. Quando queste cose saranno risolte, tutto andrà per il meglio. Per ora, però, la digitalizzazione si sta rivelando un ostacolo”.
Insomma, la sanità territoriale di base sembra soffrire di burocrazia e di ritardi. Appare necessario, dunque, un taglio alle ‘carte’ e ai disbrighi burocratici che non fanno parte della professione del medico. E la medicina sembra essere una bella dose di buon senso.
Hubert Londero
6 aprile 2013