Mentre le amministrazioni comunale, che si era opposte in sede di giustizia amministrativa alla realizzazione dell’elettrodotto Udine Ovest – Redipuglia esultano, Terna snocciola dati sulle conseguenze della decisione del Consiglio di Stato di bloccare la costruzione della linea nonostante sia già in avanzato stato di realizzazione.
Per un parere su 50, spiega una nota della società che gestisce la rete elettrica nazionale, viene bloccata un’opera fondamentale per la sicurezza elettrica del Friuli Venezia Giulia, che resta così esposto ad alto rischio blackout.
In particolare, va evidenziato che la sentenza – contro la quale Terna ricorrerà in Cassazione – non ha in alcun modo bocciato l’opera né la sua importanza; ha invece contestato le modalità con le quali il Ministero dei Beni Culturali ha rilasciato il proprio parere positivo sull’opera.
La decisione del Consiglio di Stato comporterà fin da subito la messa in sicurezza dei cantieri e la sospensione di tutte le attività in corso. Sono 50 le aziende coinvolte, per un totale di 150 lavoratori. A oggi l’investimento complessivo, che ammonta a 100 milioni di euro, è stato impiegato per il 70 per cento.
Il mancato completamento dell’opera impedirà, inoltre, di realizzare risparmi in bolletta per 60 milioni di euro all’anno a beneficio della collettività.
A causa della sentenza si arrestano i cantieri di un progetto che è stato discusso e autorizzato dopo 12 anni e centinaia di incontri, pareri e sopralluoghi.
La sentenza impedirà, infine, la dismissione di 110 km e 400 tralicci di vecchi elettrodotti aerei e l’interramento di 13 km di altre linee obsolete. Si perderà, dunque, l’opportunità di liberare dalla prossimità alle vecchie linee 680 edifici, oltre alla restituzione di 367 ettari di terreno oggi asserviti.
L’iter autorizzativo dell’opera è iniziato nel 2003, con l’inserimento nel Piano di Sviluppo della Rete di Trasmissione Nazionale approvato dal Governo, e si è concluso il 12 marzo 2013, con il decreto autorizzativo del Ministero dello Sviluppo economico. L’intervento ha ricevuto i pareri favorevoli della Commissione Via nazionale, dei Ministeri interessati (Ministeri dell’Ambiente, dei Beni culturali e dello Sviluppo economico), della Regione Friuli Venezia Giulia dell’80% dei Comuni interessati dal complessivo piano di razionalizzazioni.
Della lunga sentenza del Consiglio di Stato ecco il passaggio più importante che ha portato, cioè, alla sentenza:
Quanto sopra risulta patentemente leso nel procedimento oggetto del presente giudizio, in cui il MBAC – ponendo, per l’inequivoca logica interna al giudizio, la sua seconda valutazione in comparazione con altri interessi pubblici – si è spinto ultra vires rispetto al compito assegnatogli dalla legge e ha di fatto abdicato, sulla soverchiante base di un suo inammissibile bilanciamento con altri interessi, ad esercitare correttamente l’indeclinabile funzione di tutela di cui è esso per legge titolare.
Il Ministero invero, anziché occuparsi, come debito suo compito, di curare l’interesse paesaggistico (e di valutare, quindi, in termini non relativi ad altri interessi l’impatto paesaggistico dell’intervento), ha illegittimamente compiuto una non consentita attività di comparazione e di bilanciamento dell’interesse affidato alla sue cura (la tutela del paesaggio) con interessi pubblici di altra natura e spettanza (essenzialmente quelli sottesi alla realizzazione dell’elettrodotto e, dunque, al trasporto dell’energia elettrica). Non ad esso, ma ad altre Amministrazioni competeva esprimere, nel confronto dialettico proprio della conferenza di servizi, quelle valutazioni, indicandone le rispettive ragioni.
È patente che questa distorsione di fatto nel confronto dialettico istituzionalizzato – generata dall’introduzione di elementi spurii di ragionamento e giudizio – ne ha alterato la proporzione e la ragionevolezza, con l’effetto di squilibrare e viziare per inattendibilità gli atti finali che ne sono seguiti, poi fatti oggetto di impugnazione davanti al giudice amministrativo. Se il giudizio sull’impatto paesaggistico è negativo, il MIBAC, per quella che è la sua parte, non può, compiendo un’inammissibile scelta di merito fondata sull’esigenza di dare priorità ad altri e non suoi interessi, esprimere un parere sviato, per quanto condizionato al rispetto di alcune prescrizioni.