La Guardia di finanza di Pordenone ha perquisito un’azienda insediata nella zona della Comina, a Pordenone, che opera nel campo della componentistica per aerei, elicotteri e droni.
Il provvedimento – emesso dal sostituto procuratore Carmelo Barbaro – ipotizza reati connessi alla vendita di prodotti ‘dual use’ in Iran senza, però, le relative autorizzazioni rilasciate del Governo italiano. Sull’attività investigativa, riferisce l’Ansa, c’è il massimo riserbo da parte degli inquirenti.
La società perquisita su disposizione della Procura, fondata da imprenditori friulani, dal 2018 è di proprietà di un gruppo di Hong Kong, che ne rilevò il 75%, investendo 2,810 milioni. Il subentro del socio cinese – riferisce ancora l’Ansa – non sarebbe noto negli ambienti imprenditoriali locali, convinti che la proprietà fosse ancora italiana.
L’assemblea dei soci – alcuni sarebbero indagati – ha di recente nominato nuovi amministratori che risiedono in Cina, affiancando loro una figura di prestigio, un ex ufficiale dell’Aeronautica con incarichi di vertice anche nelle Frecce Tricolori, ma che non sarebbe coinvolto nell’inchiesta delle Fiamme Gialle.
La società avrebbe utilizzato, abusivamente, da 20 anni, una pista di volo dell’Esercito italiano. Le perquisizioni ordinate dalla Procura della Repubblica si sviluppano in un contesto investigativo più ampio, da cui emergono aspetti oggetto di approfondimento e giudicati dagli inquirenti “quasi inverosimili”. L’inchiesta avrebbe accertato che la società, fin dalla sua costituzione, nell’anno 2000, utilizzava un’aviosuperficie realizzata su un’area appartenente al Demanio militare e accessibile tramite un terreno di proprietà del Comune di Pordenone. Secondo quanto si è appreso, le indagini sono state avviate dalla Guardia di Finanza per approfondire un presunto indebito utilizzo delle due aree pubbliche, avvenuto fin dall’inizio gratuitamente. Fin dalla precedente proprietà, l’utilizzo delle due aree sarebbe stato consentito a una Onlus pordenonese, che avrebbe dovuto servirsene per svolgere attività di Protezione civile. Attività che però non sarebbe mai stata svolta.
Alpi Aviation, in una nota, esclude “di aver venduto prodotti dual use in Iran e potrà dimostrare di essersi sempre attenuta alle disposizioni di legge nei suoi rapporti commerciali”. La società si dice “convinta che dalle indagini emergerà la correttezza dei suoi comportamenti, anche per quanto si ipotizza in merito all’utilizzo dell’aviosuperficie, nel manifestare la sua fiducia nella giustizia non pu eesimersi dall’esprimere un giudizio negativo sull’evidenza mediatica che si è voluta dare a un indagine ancora in una fase iniziale, nella quale gli inquirenti non dispongono di tutti gli elementi utili per accertare i fatti e non vi è stato modo per l’azienda di far valere le proprie ragioni. Quanto ai timori che si sono espressi per l’acquisizione del controllo della società da parte di un gruppo che ha sede a Hong Kong, Alpi Aviation osserva che uno degli obiettivi primari per far crescere il nostro Paese è quello di riuscire ad attrarre investimenti dall’estero e che l’interesse dimostrato ha premiato le capacità e la tecnologia che i nostri imprenditori sanno esprimere”.
“Alpi Aviation – si legge ancora nella nota dell’azienda – è saldamente legata al nostro territorio e continuerà a favorirne lo sviluppo. Il fatto che l’attuale amministratore della società sia un ex comandante delle Frecce Tricolori costituisce un ulteriore garanzia sulla affidabilità e sulle competenze”.