Ente tutela pesca da chiudere, anzi no. A distanza di un anno dall’annuncio di commissariamento dell’ente, dato nell’agosto del 2016 dall’assessore regionale alla Caccia e alle risorse ittiche, Paolo Panontin, dai verbali della IV commissione regionale spuntano fuori le nuove linee di indirizzo in materia, contenenti il nuovo progetto di riforma, con qualche piccola conferma e tante grandi novità.
Nella delibera della Giunta regionale del 11 agosto 2016 si leggeva a proposito della riforma scritta allo scopo di riformare profondamente il settore fino al punto da cancellare l’ente che per 45 anni aveva gestito le acque interne e la pesca sportiva in Friuli Venezia Giulia: “Il disegno di legge innanzitutto ridisegna la governance delle politiche finalizzate alla gestione delle risorse ittiche e dei relativi ambienti acquatici: sopprimendo l’Ente Tutela Pesca; ridistribuendo le relative competenze fra la Direzione centrale risorse agricole, forestali e ittiche (funzioni di carattere programmatorio e autorizzatorio) e l’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale (funzioni di gestione degli impianti ittici e realizzazione delle attività operative connesse alle immissioni di fauna ittica); istituendo il Comitato ittico regionale delle acque interne quale strumento di consultazione e di partecipazione alle decisioni regionali da parte dei diversi portatori di interesse coinvolti”.
Un fatto inconcepibile, almeno dal punto di vista delle migliaia di appassionati che, fin dal 1971, eleggevano i loro rappresentanti in seno al Consiglio direttivo, l’organo deputato alle scelte fondamentali assieme al presidente Etp che però era nominato dalla Giunta regionale dopo aver ascoltato le associazioni dei pescatori sportivi formalmente riconosciute.
A un passo dalla chiusura a causa delle troppe baruffe tra pescatori e della scarsa rappresentatività del consiglio direttivo
E’ stato forse il momento più difficile per una struttura che ha attraversato nella sua pluridecennale storia alti e bassi, legati più o meno direttamente alla capacità dei pescatori di restare uniti evitando il clima di perenne rissosità visto invece nel settore della caccia. Le conseguenze non hanno tardato a manifestarsi con il sostanziale rallentamento delle numerose attività sul territorio, anche se il lavoro negli impianti di allevamento, uno dei punti di forza dell’Etp che produce la gran parte del materiale ittico in completa autonomia, non si è mai bloccato. Da qualche anno la frattura interna al mondo pescasportivo era cresciuta, nonostante l’Etp avesse dimostrato notevoli capacità nell’avviare progetti di tutela per ripopolare le acque con le specie più a rischio o per limitare l’impatto dell’attività alieutica. Di fatto, questa divergenza di vedute era divenuta manifesta proprio nel consiglio direttivo, che un tempo votava speso all’unanimità, mentre negli ultimi mesi faticava addirittura a raggiungere il numero legale necessario per deliberare.
Pescatori divisi dunque e pure poco disponibili a partecipare alle elezioni dei loro rappresentanti (le percentuali nel corso degli anni erano via via calate) tanto da fornire, ipotizzano in molti, l’indicazione alla Regione che andava fatta tabula rasa. La reazione degli appassionati è stata probabilmente più forte del previsto tanto da spingere Panontin ad accantonare momentaneamente lo spacchettamento dell’ente e ad avviare una serie di consultazioni, anche al fine di evitare l’accusa alla Giunta regionale di voler calare le scelte dall’alto.
Le nuove linee di indirizzo sembrano propendere verso il mantenimento in vita dell’ente anche se più “snello” in termini di organizzazione interna e con la creazione di un organo consultivo al quale spetterà l’individuazione delle strategie, della pianificazione e della regolamentazione delle risorse ittiche, del quale faranno parte oltre ai rappresentanti dei pescatori anche altri portatori di interessi come ambientalisti, operatori economici ed enti di ricerca.