C‘era una volta l’Ente tutela pesca. Dal 2018 la parola ‘pesca’ è scomparsa per cedere il passo a ‘patrimonio ittico’, ma i cambiamenti apportati dalla riforma firmata dall’assessore regionale Paolo Panontin sono ben più sostanziosi di un semplice cambio di nome. Per i detrattori le novità saranno tutt’altro che indolori con il rischio concreto che nei prossimi mesi ci siano pesanti riflessi sull’esercizio della pesca. Per chi invece è d’accordo, era semplicemente ora di modernizzare un settore che negli ultimi anni era in difficoltà.
La Giunta regionale ha messo la parola fine a una storia iniziata nel 1971, quando fu istituito l’ente al quale era stata affidata la gestione della pesca nelle acque interne regionali. L’autonomia dei pescatori sportivi rappresentati all’interno del Consiglio direttivo è stata una delle colonne portanti della legge istitutiva dell’Etp, ma è pur vero che la struttura ha attraversato alti e bassi nel corso degli anni, dovuti in parte anche alla coesione del mondo della pesca, ultimamente a dir poco deficitaria. Lo dimostra il fatto che le organizzazioni di pesca regionali, uno degli interlocutori privilegiati di Panontin, si sono schierate su fronti contrapposti quando si è trattato di discutere della riforma.
L’assessore dopo aver abbandonato la prima bozza, che sostanzialmente azzerava l’ente e lo spacchettava affidando il lavoro a vari uffici ed enti regionali, è sceso a più miti consigli trovando una soluzione di compromesso che, almeno dal punto di vista politico, gli ha permesso di raccogliere i consensi necessari per portare il provvedimento in Consiglio regionale senza troppi problemi. Eppure, gli insoddisfatti rispetto alle soluzioni scelte sono molti, anche tra coloro che inizialmente hanno appoggiato Panontin, che ora sperano nei regolamenti attuativi per perfezionare alcuni meccanismi che altrimenti rischiano di creare gravi inceppamenti.
La guida dell’Etpi è stata affidata a un direttore generale nominato direttamente dalla Giunta regionale, mentre il Comitato ittico nel quale sono rappresentati i vari portatori di interessi, potrà esprimere solo pareri consultivi. Del comitato faranno parte anche sei rappresentanti dei pescatori eletti in altrettanti collegi della regione, ancora da individuare, ma non ci saranno più elezioni dirette: a votare saranno i rappresentanti delle organizzazioni di pesca e delle società. Il Comitato ittico sarà composto da ben 20 membri, indicati tra gli altri da pescatori professionali, ambientalisti, guardie volontarie e rappresentanti delle istituzioni scientifiche. La maggior parte delle perplessità si concentrano proprio su quest’ultimo organo, ipertrofico quanto a numero dei partecipanti, ma la cui utilità è tutta da verificare perché non è chiaro se e come sarà possibile dialogare al suo interno, visto che spesso gli interessi rappresentanti sono contrapposti e che il Direttore generale può semplicemente ignorare i pareri del comitato.
Al momento negli uffici di via Colugna a Udine, dove ha sede l’Etpi, si respira un’aria tra il rassegnato e l’attesa, anche perché la situazione di impasse che vive la struttura dopo mesi di annunci, accelerazioni e brusche frenate è destinata a proseguire. Le elezioni regionali si avvicinano rapidamente. C’è chi giura che molti pescatori busseranno alla porta della nuova maggioranza, magari sperando in un nuovo assessore regionale, per cercare di rimodulare alcune norme, con il solo risultato che anche il 2018 potrebbe passare senza che la struttura sia capace di riprendere in mano la gestione dei nostri fiumi.