A Pordenone non si placano le polemiche dei sindacalisti maggiormente rappresentativi in città, sulle chiusure dei due presidi di Polizia – Posto Polfer di Casarsa della Delizia e della sezione Polizia Postale di Pordenone – a seguito del progetto messo in atto dal Ministero dell’Interno e dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza sulla razionalizzazione delle risorse e dei presidi della Polizia di Stato che prevede la chiusura di 261 uffici sul territorio nazionale, di cui 2 in provincia di Pordenone su un totale di 12 in Friuli Venezia Giulia. “Purtroppo, non è una decisone di mia competenza, nessun giudizio sul merito è stato chiesto ai Prefetti se non in sede di comitato”, avrebbe risposto il prefetto di Pordenone, Pierfrancesco Galante (nella foto), ai sindacati in un incontro svoltosi in Prefettura questa mattina.
“Secondo il prefetto – spiega una nota congiunta di Ugl Polizia e Siap, il personale dei due uffici che chiuderanno, entro giugno, come riferito da lui stesso, sarà impiegato, almeno per quello della Polizia Postale, in ruoli di loro specifica competenza tecnica professionale presso una sezione a loro dedicata della squadra mobile della Questura pordenonese, mentre i ‘più giovani’ andranno ad affiancare o a sostituire i colleghi ‘meno giovani’ che si occupano del controllo del territorio, ma di questa loro dislocazione se ne dovrà occupare successivamente il questore”.
I sindacalisti Padrone e Iannucci hanno evidenziato e ricordato al prefetto, “che con questa riorganizzazione, il Ministero ancora una volta non ha riconosciuto, a uomini e donne della Polizia di Stato, né la loro specificità né la loro professionalità, e neppure i soldi spesi, nel corso degli anni per specializzarli, e tantomeno non si può parlare di risparmio visto che entrambi gli Uffici sono a ‘costo zero’, essendo a carico degli Enti di competenza”.
“Ora che sappiamo che esiste un termine ultimo di chiusura – sottolinea Padrone – continueremo a lottare: abbiamo sentito prefetto e questore, ora aspettiamo di sentire il presidente della Regione, Debora Serracchiani, alla quale ho chiesto già un incontro”. “Ci domandiamo una cosa – aggiunge Iannucci -: da quando i tagli alla Sicurezza sono un risparmio”?
Ma non è tutto. Raffaele Padrone lancia anche una proposta-provocazione, che rivolge al Governo Renzi: “Gli investimenti per la sicurezza sono stati ridotti di oltre 3 miliardi di euro negli ultimi cinque anni, mentre il personale viene costantemente demotivato dal blocco dei contratti, fermi dal 2009, da stipendi che risultano i peggiori in Europa e da un tetto retributivo che per tutto il 2014 impedisce di guadagnare di più rispetto al 2010. Penso che un primo segno tangibile di questo Governo sarebbe, ad esempio, un pieno utilizzo dei fondi F.U.G. (Fondi Unici di Giustizia, ndr) derivanti dai beni sequestrati alla mafia consistente in denaro in contanti, titoli, conti correnti e depositi a risparmio, beni immobili ed immobili, che alla data del 31 dicembre 2011 risultava essere di 2miliardi e 212,88 milioni di euro. Un importo di tutto rispetto che, se riversato nelle casse dei ministeri, risolverebbe non poche problematiche al Comparto Sicurezza”.