Invisibile, inodore, micidiale. Il gas radon, prodotto dal decadimento dell’uranio presente nelle profondità del nostro pianeta, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si colloca al secondo posto, dopo il fumo di sigaretta, tra le cause di tumore polmonare.
Questo composto è considerato il contaminante radioattivo più pericoloso negli ambienti chiusi, tanto che oltre la metà dell’esposizione media delle persone a radiazioni ionizzanti si stima sia dovuto proprio al radon. Nel caso del Friuli Venezia Giulia c’è poco da stare allegri. La nostra regione è infatti tra i territori più a rischio in Italia.
Secondo i dati raccolti dall’Arpa regionale, infatti, la media della concentrazione di radon nelle nostre abitazioni misurata in becquerel al metro cubo (l’unità di misura adottata a livello internazionale per quantificare l’attività di radionuclidi) è pari a 96, contro quella italiana che si attesta attorno a 75, già di per se considerata alta.
Oltre la norma
La maggiore presenza di questo gas è dovuta alla fatto che la crosta terrestre è più fratturata trattandosi di zona sismica e la correlazione è evidente se si confrontano le linee di faglia con le aree più a rischio, concentrate nelle aree pedemontane, in particolare quella Pordenonese, nel Medio Friuli e nel carso triestino, dove invece la risalita del gas dalle profondità è favorita dalle massiccia presenza di cavità.
Nel corso dei rilevamenti, avviati alla fine degli Anni ’90, quando furono sottoposte a verifica le scuole materne per poi posizionare i dosimetri in tutti gli edifici scolastici e in migliaia di abitazioni (oltre 20 mila le misure effettuate finora), è stato evidenziato che molti edifici presentano picchi elevati con concentrazioni superiori ai 400 Bq al metro cubo, valore soglia raccomandato dall’Unione europea.
Prima le scuole, poi le case
Ebbene, dalle misure raccolte nelle 1.319 scuole della nostra regione fino al 2006, emergeva che oltre 83 edifici presentavano almeno un locale dove la concentrazione media superava i 400 Bq al metro cubo cui si aggiungono altre 48 strutture dove si superava il livello dei 500 Bq al metro cubo.
In quest’ultimo caso, i Comuni più a rischio sono Trieste, Duino – Aurisina, Doberdò del Lago, Mossa, Porpetto, Talmassons, Mortegliano, Codroipo, Basiliano, Campoformido, Pasian di Prato, Martignacco, Udine, Tavagnacco, Dignano, Forni di Sopra, Ampezzo, Socchieve, Sequals, Arba, Maniago, Cordenons, Aviano, Roveredo in Piano e Caneva. Sono gli stessi colorati in rosso nella cartina che pubblichiamo.
Le bonifiche funzionano
Bisogna tuttavia sottolineare che tutti gli edifici scolastici nei quali sono state riscontrate concentrazioni di radon oltre i limiti di guardia, hanno subito interventi di bonifica e il rischio per chi li frequenta è stato fortemente ridimensionato. Diverso il discorso per le abitazioni private, in particolare quelle prive di qualsiasi areazione del sottofondo.
L’Arpa sta conducendo proprio in questi mesi una nuova estesa campagna di rilevamenti, ma spetterebbe al proprietario verificare se e in che misura sia presente il radon, salvo poi adottare contromisure, realizzabili con spese contenute e senza lavori particolarmente impattanti. In ogni caso, la presenza del gas è tanto più elevata là dove i locali sono scarsamente areati. Questo dato va tenuto in debita considerazione soprattutto negli edifici per i quali non siano state effettuati lavori di bonifica e sui quali siano stati installati serramenti più efficienti che limitano ulteriormente il ricambio d’aria.
Radon, un nemico invisibile dentro casa nostra
In corso, in regione, la nuova campagna di rilevamenti dell’Arpa
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