Si è spento la scorsa notte Pino Roveredo. Aveva 68 anni ed era da tempo malato; nell’ultimo mese le sue condizioni erano peggiorate rapidamente e, da alcuni giorni, era ricoverato nella struttura sanitaria di Pineta del Carso.
Era lo scrittore degli ultimi e degli emarginati. Dopo un’infanzia difficile e un periodo nel quale aveva avuto gravi problemi di dipendenza dall’alcol, esordì nel 1996 con il romando autobiografico, ‘Capriole in salita’, che lo fece conoscere al grande pubblico, grazie anche alla partecipazione ai talk show di Maurizio Costanzo.
Nel 2005 aveva vinto il Premio Campiello con la raccolta di racconti ‘Mandami a dire’ come miglior romanzo dell’anno.
Era nato il 16 ottobre 1954 a Trieste da una famiglia di artigiani: il padre era calzolaio. Dopo varie esperienze di vita, aveva lavorato per anni in fabbrica. Operatore di strada, scrittore e giornalista, faceva parte di varie organizzazioni umanitarie attive in favore delle categorie disagiate.
Dal 2014 al 2018 era stato anche Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale e, nel 2021, candidato al Comune di Trieste nella lista di centrosinistra guidata da Francesco Russo.
Roveredo ha scritto romanzi e testi teatrali. Si era sempre occupato degli ultimi: dai reclusi negli ospedali psichiatrici ai tossicodipendenti, ai detenuti. Per Bompiani ha pubblicato ‘Caracreatura’, ‘Attenti alle rose’, ‘La melodia del corvo’, ‘Mio padre votava Berlinguer’, ‘Ballando con Cecilia’, ‘Mastica e sputa’ e ‘Tira la bomba’.
La notizia ha suscitato profondo cordoglio, nel mondo della cultura e della poltica.
“Ci siamo incontrati molte volte, a Torino, a Roma e ovviamente a Trieste in varie fasi della vita. Era una persona introversa che aveva fatto della sua esperienza esistenziale un monito per noi tutti: sono contenta di aver avuto l’opportunità di intervistarlo quando ancora non era famoso, perché la sua storia umana valeva molto. Almeno quanto i suoi libri, da cui è venuta la rivincita culminata nel Campiello. Poi, durante la scorsa legislatura, ci siamo confrontati sulla questione delle carceri e sulla condizione dei detenuti in Fvg, ritrovandoci sui doveri della politica e della società, di considerare i detenuti esseri umani che hanno il diritto di conservare una dignità. Ci avvicinava anche l’esperienza di avere come editore la Bompiani diretta da Elisabetta Sgarbi: piccoli segni che pure dicono qualcosa”. E’ il ricordo che la senatrice Tatjana Rojc (Pd).
“Una persona che non le mandava a dire in nessuna circostanza, schietto e forse anche un po’ ruvido, ma di grandissimo spessore umano. C’era passato e ce l’aveva fatta, era uscito da una spirale pericolosa grazie alla sua caparbietà e al suo talento. Proprio per le sue caratteristiche era la persona giusta da nominare in Friuli Venezia Giulia come Garante regionale per le persone private della libertà personale. Avrebbe potuto dare ancora tanto al mondo degli ultimi e alla cultura ma lo abbiamo perso e oggi facciamo i conti con il rammarico di non averlo più, di non avergli detto ancora una volta ‘grazie’ per quello che fai”, così la capogruppo Pd alla Camera Debora Serracchiani.
“Trieste ha perso una delle sue voci più vere e originali. Pino Roveredo è stato molte cose, ma la sua vita, ancor più dei suoi libri, ha saputo raccontare a tanti di noi la storia di chi sta ai margini, di chi lotta per uscire dalla povertà, dalla solitudine, dall’abisso delle dipendenze o del disagio mentale. Da lui abbiamo imparato che non si può davvero mettersi a servizio della propria città evitando di frequentare (meglio senza troppa pubblicità) i suoi angoli più nascosti e umili, “andando per fodere”, come diceva, usando la propria notorietà per dare voce a chi non riesce a farsi ascoltare”, afferma il vicepresidente del Consiglio regionale, Francesco Russo (Pd) esprimendo cordoglio per la scomparsa dello scrittore.
Tra gli spettacoli più importanti della Contrada tratti dai testi di Roveredo ricordiamo il primo, ‘Ballando con Cecilia’, atto unico tratto dal suo omonimo romanzo, portato in scena da Macedonio nel 2001 con una prima rappresentazione al Festival di Todi. Lo spettacolo e la sua protagonista, Ariella Reggio, hanno ricevuto un tale consenso da parte del pubblico e della critica da spingere la Contrada a riproporre lo spettacolo nel cartellone di prosa del Teatro Cristallo. ‘Ballando con Cecilia’ nasce dall’esperienza reale di Roveredo con i degenti dell’ex Ospedale Psichiatrico di Trieste: Cecilia, che era davvero una delle degenti e aveva trascorso gran parte della sua vita proprio in manicomio, fu presente a quella storica rappresentazione. “L’incontro di Pino con Ariella è stato meraviglioso e ha rappresentato, per La Contrada, un momento importante ed emozionante della nostra storia artistica”, dice Amabilino.
Anche Ariella Reggio ricorda con grande emozione lo scrittore, salutandolo con queste parole, proprio ricordando quello spettacolo: “Ti saluto Pino, amico e poeta, ti terrò sempre nel cuore! Anche assieme alla tua Cecilia e le sue parole: indimenticabili!”.
Nel 2009 è la volta di ‘Capriole in salita’, tratto dal primo romanzo autobiografico di Roveredo, sempre per la regia di Macedonio con Maurizio Zacchigna, Ariella Reggio, Maria Grazia Plos, Giorgio Monte, Marzia Postogna e Massimiliano Borghesi. “È l’ultimo progetto di Orazio Bobbio che la Contrada porta a termine. A convincere Bobbio a portarlo in scena è stata la verità e l’umanità dello scrittore e del personaggio di ‘Capriole in salita’, e questo spettacolo è stato veramente, come forse immaginava, l’incontro di due mondi artistici: quello di Francesco e di Pino, che si specchiano nella visionarietà con cui è raccontata la vicenda di questa infanzia mancata, di una giovinezza persa dietro l’inganno del bicchiere e di una maturità difficilmente raggiunta attraverso l’abbandono della dipendenza”.
“Sempre nel 2009, a novembre, La Contrada porta in scena ‘Caracreatura’, con Maria Grazia Plos e Massimiliano Borghesi, la regia di Franco Però e l’adattamento teatrale dello stesso Roveredo, inaugurando il restaurato Teatro dei Fabbri. È la storia di una madre che affronta, sola, la tossicodipendenza del figlio, cercando in tutti i modi di salvare quella sua caracreatura perduta”, conclude il ricordo il Teatro La Contrada.