C’è un prima e un dopo nella vita di Daniela Maizeni e porta la data dell’11 gennaio 2013. L’imprenditrice udinese, 50 anni, titolare di Crea Studio Consulting, azienda che si occupa di consulenza e assistenza in ambito ambientale e gestionale, stava facendo kick-boxing in una palestra di Gorizia quando improvvisamente… “volevo prendere l’asciugamano – racconta – e non ce l’ho più fatta a rialzarmi da terra. Un ictus fulminante dovuto a una malformazione congenita del cervello, di cui ignoravo l’esistenza. Sono stata subito portata all’Ospedale di Udine dal professor Scrap e operata dal suo assistente Petralia. Intervento riuscito ma, per la necessaria riabilitazione, il 23 gennaio scorso sono stata ricoverata al Gervasutta, priva di memoria recente, incapace di discernere i comportamenti logici da quelli illogici e con tutta la parte destra completante immobilizzata. E qui mi si è aperto un mondo nuovo di tanta brava gente”.
A Daniela, seduta su una sedia rotelle (il braccio e la gamba destra ricevono ancora a intermittenza gli impulsi di movimento dal cervello), brillano gli occhi quando parla del Gervasutta, che prima del fatidico incidente conosceva solo di nome: “Miglioro giorno dopo giorno tanto che conto di uscire camminando sulle mie gambe già a metà marzo. Il merito è di una struttura di eccellenza che si occupa di fisioterapia e di logopedia dove nulla è lasciato al caso, dove si respira competenza e professionalità, dove l’organizzazione è straordinaria e dove l’umanità e il sorriso sono una delle componenti fondamentali di tutto lo staff medico, delle infermiere e delle hostess. Qui, davvero, mettono in piedi i morti e fanno parlare i muti”.
In una giornata scandita da continui appuntamenti riabilitativi nei reparti di logopedia e fisioterapia, l’imprenditrice si dice entusiasta “di quella umanità sconvolgente e di quella pazienza infinita che ha trovato al Gervasutta e che ne fanno uno dei migliori centri riabilitativi di tutta Italia”.
Daniela Maizeni confessa, a tale riguardo, di aver ritrovato la serenità interiore da quando è ricoverata: “Ero una macchina da guerra e avevo messo in secondo piano doti come l’umiltà, la pazienza, la comprensione reciproca. Qui al Gervasutta, invece, ho trovato una umanità che avevo dimenticato e che non dimenticherò. Ho imparato ad ascoltare gli altri. Da questa esperienza, sono convinta, si esce uomini e imprenditori migliori”.
Del resto, l’esempio è contagioso: “Ho visto medici lavorare 12-13 ore consecutive, preoccupandosi delle esigenze e dei problemi di ogni singolo paziente. Mi sono commossa a vederli così votati a combattere la malattia che hanno di fronte, così come vedere le infermiere massacrate dalla fatica sorridere e dare speranze a tutti i pazienti”.
Certo, Daniela Maizeni ha occhi anche per vedere come al Gervasutta, in taluni casi, ci sarebbe bisogno di nuove attrezzature.
“La cosa triste – spiega – è che, tra carte e scartoffie, passa del tutto la voglia di fare delle donazioni. Io, ad esempio, ho acquistato un tutore per la spalla e una cavigliera, che sono al top della tecnologia, e che passerò, in silenzio, allo staff infermieristico. Così, almeno qualcuno li potrà utilizzare quando a me non serviranno più”.
Davanti a lei, Daniela ha ora ancora quattro piccoli interventi alla testa per ridurre la grossa varice che le ha causato l’ictus.
“Eppure – conclude – questa esperienza mi ha fatto più bene che male. Voglio ricostruirmi una vita sulla base di quello che il Gervasutta mi ha regalato a livello interiore. Da qui usciamo tutti come persone nuove, persone migliori”.
4 marzo 2013