Da sempre i Comuni di Latisana e San Michele al Tagliamento chiedono di intervenire sulla parte alta del fiume Tagliamento. Se a cambiare sono nel corso degli anni gli amministratori e il loro colore politico, la richiesta mettere definitivamente al sicuro i loro territori e i timori per le ondate di piena restano gli stessi di sempre.
Lo fa Daniele Galizio, primo cittadino di Latisana che, prima sul suo sito e poi tramite i giornali, ha preso posizione per chiedere alla Regione che si decida a fare qualcosa e contesta le affermazioni dei colleghi della parte alta del fiume che non vogliono si intervenga sui loro territori: “Da noi resta da alzare solo il ponte stradale, mentre il Cavrato già sta deviando una parte sostanziale del fiume in caso di piena e non si può immaginare di aumentare la portata pena il rischio di mandare sotto Bibione. D’altronde, tutti gli studi tecnici confermano che servono opere di laminazione della piena. A me non interessa quale tipo di intervento faranno, ma che si decidano ad agire. D’altro canto io non possono entrare nel merito delle scelte tecniche e non voglio neppure farlo, perché non è il suo ruolo e non ha le competenze necessarie. Vietare qualsiasi opera a monte è fuori dal mondo. Va bene salvaguardare l’ambiente, ma prima vanno tutelate le vite umane”.
Dello stesso parere Pasqualino Codognotto, sindaco di San Michele al Tagliamento: “A quanto ha detto il collega di Latisana aggiungo che dal 1966 ad oggi sono stati fatti ben 15 studi e di questi almeno due autorevoli quali la Commissione De Marchi e il Laboratorio Tagliamento. Ebbene tutti indicano come soluzione sia le opere a valle realizzate o in corso di esecuzione, sia quelle di laminazione a monte. Se dovesse capitare la concomitanza di scirocco e onda di marea assieme all’ondata di piena rischiamo di ripetere quanto accaduto in passato. Capisco la difesa dell’ambiente, ma se parliamo di valori ambientali non viviamo nel deserto. Se i tecnici insistono nel dare queste soluzioni perché la politica senza alcuna competenza continua ad opporsi? Le cose da fare sono scritte da tempo e auspichiamo che il capo della Protezione civile nazionale prenda in mano la situazione e decida con autorevolezza il da farsi. Anche lo studio più recente, fatto da Tecnitalia, conferma la necessità di intervenire anche a monte, nel medio corso. Noi da parte nostra andremo avanti con il rinforzo degli argini, ma non si può continuare ad alzarli all’infinito”.
Comuni a monte uniti nel difendere un ambiente troppo prezioso per essere stravolto
Nessuno nega ai residenti a valle la necessità di essere al sicuro, ma non si può immaginare di devastare a colpi di cemento un ambiente di valore inestimabile come quello del tagliamento.
Alma Concil, sindaco di Ragogna non comprende il perché di tanto allarmismo: “L’anno scorso ci siamo incontrati a Latisana alla presenza del capo della Protezione civile per costituire un tavolo di lavoro approvando anche un documento nel quale si dichiarava la necessità di garantire la sicurezza del basso corso del fiume. Tuttavia ancora San Michele al tagliamento non è protetto interamente da argini diaframmati come avviene per Latisana mentre è ancora da alzare il ponte stradale. In questi giorni, nonostante le condizioni meteo disastrose, non è accaduto nulla e credo che si continui a tenere appositamente alta la tensione senza però spiegare che non tutti gli interventi previsti nella parte bassa sono stati completati. Quanto alle soluzioni per laminare le ondate di piena, è del tutto evidente che le soluzioni finora proposte presentavano grosse criticità dal punto di vista dell’impatto e delle garanzie in termini di funzionamento”.
Emanuele Fabris, sindaco di Pinzano al Tagliamento, non usa giri di parole: “Nessuno vuole sostituirsi ai tecnici. Se dovessimo davvero farne una questione tecnica, allora potremmo affermare che invece di continuare a cementificare il territorio a costi esorbitanti, converrebbe delocalizzare le aree più a rischio. Siamo frustrati dal fatto che da 50 anni, nel nostro territorio, non si può neppure immaginare la variazione delle colture all’interno dell’area esondabile, mentre nella Bassa si continua a costruire in maniera importante nelle aree a rischio e poi si chiede a noi di accettare la devastazione del nostro ambiente in nome della sicurezza delle persone. Il fiume non è prezioso solo per noi, ma per l’intera regione perché si tratta di uno degli ultimi territori incontaminati. Temo che, come al solito, si badi più all’interesse per le grandi opere, che si tratti di autostrada o di opere di laminazione, anziché a quello della gente. E non credano che le compensazioni possano ripagare un ambiente distrutto in maniera irreparabile. I nostri cittadini continuano a chiederci cosa accadrà e non possiamo ignorare le loro istanze”.
Ambientalisti in allarme e intanto partono esposti
Nella discussione sulla messa in sicurezza del Tagliamento bisogna includere anche il terzo incomodo, ovvero gli ambientalisti, che sugli interventi di laminazione hanno sempre avanzato forti critiche, opponendosi prima al progetto per costruire uno sbarramento all’altezza della stretta di Pinzano, poi combattendo una battaglia durissima contro le casse di espansione, sulle quali si sono politicamente infranti parecchi assessori regionali, senza distinzione di appartenenza politica, per lo meno fino a quando il progetto è stato accantonato.
Tra le associazioni che non hanno mai abbassato la guardia annoveriamo Acqua, presieduta da Renzo Bortolussi, che ha presentato all’autorità giudiziaria penale e contabile numerosi esposti. L’ultimo in ordine di tempo risale allo scorso 17 settembre: “Costantemente vari attori chiedono ancora opere sul fiume Tagliamento – si legge nell’esposto inviato anche al ministero dell’Ambiente -, alcune bocciate già da sei anni dalla Suprema Corte di Cassazione. Opere, ancorché pleonastiche, richieste per la salvaguardia delle comunità a valle a protezione di fenomeni atmosferici… Si continua anzi a domandare opere quali l’innalzamento di ponti di strade (l’argine diaframmato, del Tagliamento è già stato rialzato dopo l’ultima alluvione assieme al ponte ferroviario) invece di contemplare robuste manutenzioni ed eventuali dragaggi fino alla foce…”. Poi, il 22 novembre lo stesso Bortolussi presenta un’integrazione: “Paventando l’allagamento della città di Latisana e creando in questo caso ansie, abbiamo nondimeno avuto notizie che il ponte ferroviario che attraversa la comunità, (opera costata 12 milioni di Euro) non è stato sollevato, come previsto in caso di possibili inondazioni, così ieri 21 novembre, abbiamo verificato la reale e conclamata pericolosità del corso d’acqua, scoprendo che il livello raggiunto dalla piena era ben al di sotto dei limiti di guardia, arrivando ad una quota di poco superiore alle normali piene e ciò è facilmente verificabile dalle linee lasciate dall’acqua sulla vegetazione presente nell’area golenale. Riteniamo che questi timori abbiano la finalità di creare, oltre al panico di queste ore, anche di provocare urgenti proposte di laminazione di acque a monte anziché attuare i rimedi già elencati nel precedente esposto”.