Dal tunnel del gioco d’azzardo si può uscire. Certo, non è una cosa semplice: servono costanza e anni di lavoro, ma ce la si può fare. A dimostrarlo sono i risultato di Agita, l’Associazione degli ex giocatori d’azzardo e delle loro famiglie di Campoformido, che da 20 anni si occupa del recupero di chi soffre di questa dipendenza.
Proprio di questo si parlerà domenica 15 nella sala consiliare del Comune friulano, dove sarà presentata la ricerca sui risultati a tre anni di trattamento con la terapia di gruppo. Risultati che, come spiega lo psicoterapeuta Rolando De Luca, sono confortanti. “Da noi – dice il professionista, che ha migliaia di sedute alle spalle – ci sono dieci gruppi, che si riuniscono una volta a settimana. La nostra esperienza, che abbiamo documentato in maniera scientifica, dice che, seguendo il percorso corretto, non si torna a giocare. Tra chi ha seguito i nostri gruppi non ci sono stati casi di suicidio e addirittura l’indice di disoccupazione è prossimo al 2 per cento. Attenzione, non ci si libera solamente dal gioco d’azzardo, ma da ogni altra dipendenza. Capita, infatti, che qualcuno si liberi del gioco, ma sostituendolo con un’altra mania. Insomma, chi fa il percorso ritorna a vivere”.
In questi anni, i casi di dipendenza dall’azzardo sono cresciuti in maniera consistente. “Ed è naturale che ci sia un netto aumento – continua De Luca – vista la crescita dell’offerta e della pubblicità. Basti pensare al soldi gettati nel gioco: nel 2004 in Italia il giro era di circa 20 miliardi. Ora siamo arrivati a quota 90 miliardi. Più di una manovra finanziaria. Quando una persona si trova in uno stato di fragilità e va in crisi, a volte si avvicina a una dipendenza da sostanza, a volte a una da comportamento, come nel nostro caso. E quando si entra in quella logica, si butta via tutto, ci si azzera. Il problema non riguarda solo i più poveri. A essere interessate sono tutte le categorie sociali, senza eccezioni. Tuttavia, notiamo che le donne hanno più difficoltà a chiedere aiuto e arrivano tardi, verso i 55 anni contro i 40 dei maschi. Di più, il 30% dei giocatori è di sesso femminile, ma solo il 10% di chi entra nei gruppi appartiene a questo genere. Il futuro? Mi preoccupano i giovani, che si avvicinano al gioco attraverso la Rete. Sappiamo che un ragazzo su 2 viene in contatto con l’azzardo, ma la dipendenza non si sviluppa subito. Nei prossimi anni ci aspettiamo un boom tra queste persone”.
Che fare, quindi? “Da una parte – conclude De Luca – si deve proibire la pubblicità dell’azzardo. Dall’altra, è necessario diminuire l’offerta: slot machine, scommesse sportive, gratta e vinci, lotto, superenalotto e gioco on-line. I casinò? Diversamente dal passato, oggi rappresentano un pericolo minore”.
Troppa offerta. E’ allarme per le nuove generazioni
Dal tunnel del gioco d’azzardo si può uscire. Certo, non è una cosa semplice: servono costanza e anni di lavoro, ma ce la si può fare
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