Dopo due anni di pandemia e restrizioni, l’anno scolastico 2022-23 è iniziato come una ‘liberazione’ per gli oltre 136mila studenti delle scuole di ogni ordine e grado della nostra regione, rientrati in classe senza distanziamenti, mascherine e ‘rischio’ Dad.
Se l’emergenza sanitaria – al momento – è alle spalle, non mancano i timori, a partire dal caro energia che potrà pesare anche sulla didattica in presenza. Abbiamo voluto sentire dalla voce di chi la scuola la vive quotidianamente quali sono le aspettative, i problemi e gli auguri per l’anno appena iniziato.
Il dirigente: ‘No alla settimana corta’
“Quest’anno, finalmente la procedura di nomina dei docenti è stata puntuale e la situazione delle cattedre e delle supplenze annuali è buona”. È ottimista Alessandro Puzzi, dirigente dell’Isis Galilei di Gorizia. “Certo – sottolinea con forza – per un istituto tecnico come il nostro non è mai facile trovare insegnanti nelle materie specifiche d’indirizzo, ma almeno nelle altre siamo soddisfatti”. L’ipotesi che aleggia sull’avvio dell’anno scolastico 2022-23, però, è quella di ridurre le giornate di apertura delle scuole nell’ottica del risparmio energetico. “Sono contrario a una misura di questo genere, penalizzerebbe ulteriormente la socialità e la didattica” sentenzia Puzzi.
Lo studente: ‘Ragazzi uniti’
Scuola come palestra di vita, partecipazione, formazione. È questo l’approccio di Leonardo Torossi, studente del quinto anno e rappresentante d’Istituto allo Stringher di Udine con le idee molto chiare quando si parla di progetti che riguardano la scuola. “Ogni istituto ha le sue specificità e i suoi problemi, ma alcuni temi possono essere comuni a tutti gli studenti – spiega -. Così a Udine è nata la lista interistituto Upsu (Uniti per le scuole a Udine) che si presenterà alle elezioni annuali e si proporrà come mediatore per la soluzione di questioni del mondo scolastico, ma anche su temi d’interesse della collettività, dai trasporti all’adozione di un codice antiviolenza, dall’alternanza scuola-lavoro al protocollo Alias per studenti transgender”.
La docente: ‘Stop a Dad e precariato’
“Dopo anni di precariato, quest’anno sono entrata in ruolo”, racconta Anna Roviello, docente di progettazione multimediale all’Isis Galilei di Gorizia. “Per fortuna, anche da precaria, ho lavorato sempre nello stesso istituto e ho potuto dare continuità alla didattica, ma il ruolo garantisce una maggiore serenità sotto molti aspetti. E’ la stessa serenità che auguro a tutti, studenti e colleghi, alla vigilia di un anno scolastico in cui potremo davvero tornare alla normalità delle lezioni in presenza. La Dad è stata uno strumento utile in emergenza, ma che non può sostituire le relazioni interpersonali che si creano in aula. Nonostante tutto la Dad potrebbe restare come supporto e approfondimento per le lezioni tradizionali”.
L’insegnante di sostegno: ‘Insieme si vince’
“In Friuli Venezia Giulia la mia esperienza è stata migliore rispetto ad altre regioni. Sono entrata in ruolo nove anni fa, dopo otto anni da precaria e qui ho trovato un sistema molto più efficace in quanto a tempistiche delle nomine, materiali e approccio”. Descrive così la sua vita da insegnante di sostegno Caterina Capone del liceo Le Filandiere di San Vito al Tagliamento. “Ciò che è più importante, per me, è la collaborazione tra colleghi: è questo che fa funzionare bene le cose. Per noi insegnanti di sostegno l’inizio anno è sempre un’incognita, perché il rapporto con gli studenti e con l’intera classe va costruito continuamente attraverso l’empatia. L’importante è che sia terminata l’emergenza sanitaria e possano riprendere anche i progetti inclusivi che sono stati sospesi”.
Il collaboratore: ‘Pochi e mal distribuiti’
Carenza di personale, sedi vecchie che andrebbero ristrutturate, mancanza di strutture come le palestre. Sono questi i problemi che la scuola si trova di fronte secondo Tonio Latino, collaboratore scolastico dell’Istituto d’arte di Cordenons impiegato nella succursale di Pordenone. Latino da 24 anni lavora nel mondo della scuola, con un punto di vista particolare. “I problemi purtroppo si trascinano e la pandemia non ha fatto altro che rendere le cose più difficili, soprattutto per quello che riguarda il personale. Lavorare con i ragazzi, invece, è sempre bello: noi Ata pur essendo adulti, per loro siamo considerati quasi degli ‘amici’ nei corridoi della scuola”.
La maestra ‘di frontiera’: ‘Pluriclasse, un male necessario’
“Lavorare in una scuola di montagna è gratificante ma anche difficile, perché bisogna organizzare molto bene le lezioni e la gestione del tempo, soprattutto quando gli alunni fanno parte di una ‘pluriclassi’, cioè appartengono a età diverse, ma condividono l’aula per motivi logistici”, racconta Elena Menean, insegnante alla scuola primaria di Enemonzo. “Nella nostra scuola differenziamo i percorsi scolastici dell’ambito linguistico e matematico, mentre per arte e immagine, musica, tecnologia ed educazione civica tutti e nove i miei allievi seguono le stesse lezioni. C’è una positiva collaborazione tra tutti i colleghi, che mettono a disposizione le proprie ore per rendere più facile la gestione di queste classi”.