Dopo Tunisi, l’Iran. Dopo Cartagine, Persepoli. Dal museo del Bardo colpito dal terrorismo contemporenao all’agglomerato urbano più grande del mondo prima della distruzione causata da Alessandro Magno, Aquileia prosegue il ciclo ‘Archeologia ferita’, forte del successo della prima esposizione. La memoria di due grandi città, entrambe distrutte col ferro e il fuoco a quasi 800 anni di distanza (Aquileia nel 452 d.C., Persepoli nel 330 a.C.) ed entrate a far parte del patrimonio di cultura, arte, e suggestioni dell’intera umanità, si concretizza nella mostra ‘Leoni e Tori dall’antica Persia ad Aquileia’, da sabato 25 e fino al 30 settembre al Museo nazionale archeologico di Aquileia.
DUE GRANDI CITTà DISTRUTTE COL FERRO E COl FUOCO
Per la realizzazione della mostra, la Fondazione Aquileia e il Polo Museale del Fvg hanno raccolto il sostegno del National Museum of Iran e dell’Iranian Cultural Heritage Handcrafts and Tourism Organization. Obiettivo: accompagnare il rilancio del dialogo e la ripresa d’interesse nei confronti di un partner culturale e, potenzialmente, politico ed economico come l’Iran. Non mancando di sottolineare, come fa il vice presidente della Repubblica Islamica, Masoud Soltanifar, “l’eredità comune dell’umanità intera, che evidenzia rapporti millenari alla base delle comuni radici della civiltà odierna”.
La mostra è dedicata all’arte achemenide e sasanide, con pezzi importantissimi provenienti dal Museo archeologico nazionale di Teheran e da quello di Persepoli. Secondo il presidente della Fondazione Aquileia, Antonio Zanardi Landi, “grande parte del patrimonio archeologico del mondo è originato da una ferita, da devastazioni, dalla volontà di cancellare l’identità del nemico. Le città possono essere distrutte, rase al suolo, ma il sapere artistico e architettonico, la cultura, i simboli, religiosi e non, rimangono, possono viaggiare e fondersi con quelli di altri popoli”.
La ricchezza dell’arte persiana è testimoniata dai tori e dai leoni esposti, di tradizione mesopotamica ma anche dell’Età del Ferro. Oggetti di una bellezza rara, che in alcuni casi – i due frammenti di un colossale capitello di colonna – restituiscono nel visitatore lo stupore provato dallo stesso Alessandro Magno davanti alle bellezza distrutta, ma non cancellata.