Per decenni, scrivere a macchina era una vera e propria arte. E la produzione di questi strumenti rappresentava, per l’industria, una corsa all’innovazione in qualche misura paragonabile (anche se con tempi un po’ meno incalzanti) a quella delle moderne tecnologie. Per rappresentare il progresso della tecnica negli ultimi decenni, basterebbe prendere in mano un Ipad e una Lettera 22, uno dei prodotti di maggiore successo della Olivetti: il primo pesa 450 grammi, la seconda circa 4 chili. Ma quello che di solito non si dice è che una Lettera 22, o la successiva sorella Lettera 32, erano facilmente aggiustabili. Al contrario dei moderni pc.
Da questa riflessione nasce la mostra ‘Batti un tasto… Quando scrivere a macchina era un’arte’, che l’architetto udinese Giorgio Dri (in collaborazione con Federico Santini e Tiziana Ribezzi) ha voluto organizzare per rendere omaggio a suo padre, Aldo, che amava definirsi un ‘meccanografo’ e che, per quasi 60 anni, era stato rivenditore ufficiale e meccanico dei prodotti della Olivetti. Nell’arco della vita, ha accumulato un patrimonio immenso di macchine che, dopo un accurato lavoro di restyling e catalogazione, sono ora pronte per essere ammirate al Museo etnografico del Friuli di Udine (inaugurazione il 7 dicembre alle 17; visitabile dall’8 dicembre all’11 febbraio).
La mostra propone una trentina di esemplari diversi: alcuni si vedono anche nelle fotografie di personaggi famosi impegnati nel mondo della scrittura. Cosa abbia voluto dire scrivere a macchina – quando era difficile provvedere alle correzioni – si può capire guardando i fogli esposti nei caratteristici font, come articoli di scrittori, giornalisti e studiosi, friulani e non solo. La comunicazione e la pubblicità del prodotto trova nella grafica Olivetti immagini significative tra manifesti, poster e libri illustrati dai più importanti disegnatori coinvolti dalla fabbrica di Ivrea nel ’900.
In un montaggio multimediale (curato da Marco Villotta e Renato Rinaldi), sarà possibile anche rivedere alcuni classici della cinematografia nei quali la dattilografia esemplifica stili e costumi dei diversi tempi, anche nel ‘mito’ della velocità di scrittura. Un tuffo nel storia, dunque, che saprà coinvolgere anche i più giovani.