La neonata si divincolava singhiozzando a più non posso. Monica provò a sussurrarle qualche parola dolce nel tentativo disastroso di cambiarle quel benedetto pannolino, ma la piccola non voleva demordere. La vista cadde sul calendario che indicava il 5 aprile 2050: 90 giorni al termine di quell’ennesimo anno scolastico. “Buona…la maestra pulisce la pupù santa e poi si va a casuccia”, implorò Monica abbassandosi per prendere il borotalco. All’improvviso la bimba scalciò con potenza, il suo piedino arrivò dritto sul viso di Monica e…la dentiera della donna precipitò rovinosamente a terra. “No!! – farfugliò, raccogliendo quel che restava del suo sorriso -. Aiutami Margherita, adesso frignano tutti e due”. La collega di Monica, settantenne come lei, arrancò tra le urla e i pianti dei neonati. Aveva schiena e vita consumate da quell’asilo nido. Le due cambiarono i bambini giusto in tempo per l’arrivo dei genitori. “Che liberazione – commentò sfinita Monica – finalmente per oggi possiamo chiudere”. Ripose nell’armadio il robot cuoco, sguinzagliò quello delle pulizie e si avvicinò alla finestra per abbassare la tapparella. Nel parco vide schiere di genitori disoccupati fluttuare felici e giocare con i loro figli. “Ah, se anche Hope avesse un bambino, dopo il lavoro potrei fare la nonna”.
“Avviso alle insegnanti: – una voce meccanica in filodiffusione interruppe il silenzio – spiace comunicare che a causa di una obbligata riduzione del personale, una di voi dovrà salutarci”. Margherita trasalì: le mancavano ancora due anni alla pensione, era vedova e aveva una figlia e due nipoti a carico. “Non ti preoccupare, rinuncio io”, la tranquillizzò Monica. “Ma no, come farai?”. “In qualche modo ci arrangeremo: Mario lavora ancora e Hope ha passato il concorso per insegnare. Prima o poi entrerà a scuola, è solo questione di tempo…”. In realtà non ci credeva: si erano succeduti governi di ogni colore ma la crisi occupazionale non si era risolta, mentre l’età pensionabile aveva continuato ad aumentare.
Nel cortile le due colleghe si scambiarono un abbraccio commosso. Monica salì sulla sua auto e andò a prendere il marito al lavoro. “Ciao, ecco il tuo vecchio – la salutò lui ammiccando -. Troppo giovane per la pensione, troppo anziano per guidare!”. Gli avevano ritirato la patente, perché – avevano detto – i suoi riflessi erano deboli. Forse, però, non lo erano abbastanza, se per lo Stato poteva continuare a far malta in cantiere. “Mi hanno licenziata”, confessò Monica fissando il volante. “Cosa? Non è possibile, non hai gli anni di contributi necessari per la pensione! Perché tu e non Margherita?”. “Lascia stare Margherita – sbottò lei -. Dovremo tirare la cinghia, per Hope”. “Hope, Hope… non riuscirà mai a lavorare con queste leggi!”.
La coppia entrò in casa a testa bassa. Monica imbastì una cena frugale: la consumarono davanti al televisore che trasmetteva il solito programma con il solito presentatore e le solite domande a quiz. Il campanello interruppe la loro visione. Era Hope: “Dobbiamo festeggiare! A settembre avrò la mia cattedra e voi potrete smettere di lavorare!”. I due anziani, increduli, cercarono conferma in un canale all news. “Due milioni di nuove assunzioni e altrettanti ultrasessantacinquenni in pensione per effetto della nuova riforma varata dal governo”, annunciava il giornalista con un’euforia contagiosa. I tre stapparono una bottiglia e brindarono. Poi Monica, sollevata, si appisolò davanti alla tv.
“Se non si riuscirà a far passare in parlamento una riforma seria delle pensioni in un non lontano futuro ci saranno persone costrette a lavorare a settant’anni suonati”. Sul primo canale la sindacalista blaterava frasi apocalittiche, quando Monica sussultò, svegliata da un calcetto della neonata che portava in grembo. Istintivamente avvicinò una mano alla bocca e guardò l’orologio: segnava le 23.34 del 5 aprile 2016. Mario le allungò un cuscino per farla stare più comoda e le carezzò il pancione. “Dovremmo pensare al nome, hai un’idea?”, le chiese affettuoso. “Che ne dici di Hope? Mi piacerebbe chiamarla così…Speranza”. L’uomo alzò lo sguardo verso l’orizzonte, poi fissò la moglie negli occhi e sorrise.
Pordenonelegge
Il Friuli e la Fondazione Pordenonelegge, attraverso i laboratori di Pordenonescrive coordinati da Alberto Garlini, danno vita al concorso di racconti su 5 temi: Cibo e vino; Crisi; Immigrazione; Futuro; Amore e social network. I lettori possono partecipare inviando un racconto (max 4.000 battute spazi inclusi) a [email protected]
entro il 27 luglio (oggetto: concorso racconti).
Le opere migliori saranno pubblicate. A settembre, si potranno votare su ilfriuli.it.