Il prezzo che Ronchi dei Legionari, città decorata con medaglia d’argento al valor militare per l’attività partigiana, pagò durante la seconda guerra mondiale fu altissimo. Nei lager nazisti essa contò qualcosa come 158 deportati nei campi di concentramento nazisti, 75 dei quali non fecero più ritorno.
A loro è stato dedicato l’appuntamento, in forma ridotta, in occasione della Giornata della Memoria. L’iniziativa, promossa da Aned, Anpi e amministrazione comunale, si è tenuta alle 10.30, con la posa di una corona d’alloro al monumento che, dinnanzi al cimitero di via D’Annunzio, ricorda proprio le donne e gli uomini deportati nei campi di concentramento.
Questa volta non si rinnoverà la posa delle pietre d’inciampo. La cerimonia, infatti, è stata posticipata al 24 maggio, la giornata in cui si ricordano i rastrellamenti del 1944. Dopo le 18 degli scorsi anni, ne saranno collocate altre cinque. Ricorderanno la giovane attivista dell’Azione cattolica Leda Bevilacqua, classe 1922, uccisa al campo di sterminio di Auschwitz; Fortunato Soranzio, classe 1905, morto a Dachau; Attilio Tesolin, del 1907, internato e morto a Mauthausen; Francesco Monazzoni, del 1891, morto a Dachau, e Luigi Quinto, classe 1907, ucciso a Mauthausen.
Il 24 maggio del 1944 furono arrestate 68 persone. Pochi giorni dopo, il primo giugno per la precisione, si “replicò” e nelle maglie degli aguzzini finirono anche 24 donne di ogni età. Da ragazzine di 15-16 anni a donne di età avanzata, partigiane, collaboratrici e anche altre prese a caso, che dopo pochi giorni passati nelle carceri del Coroneo, furono deportate ad Auschwitz.
“Vogliamo ricordare chi non è tornato. Le pietre di inciampo – ha detto la presidente dell’Aned, Ada Bait – sono un’ulteriore sepoltura per queste persone uccise da botte e da stenti”.