E se ogni atto terroristico, ogni bomba, ogni strage, ogni aereo caduto, dirottato, sparito dalla fine del secondo conflitto mondiale a oggi non fosse “un mistero d’Italia”, ma gli scossoni uterini di una gestazione binaria, l’incubazione di un dio digitale, un invasivo algoritmo di ricerca web che sta per nascere a Milano e tutto dominare? Se piazza Fontana non fosse esplosa per mano “dei neri”, bensì per distruggere un prototipo avanzato di Dna-microchip di tale mostro? Se la bomba del ’93 in via Palestro non fosse “di mano mafiosa”, ma un modo per uccidere una spia della fazione opposta chiamata Rebooters, fazione che caparbiamente, dagli anni ’50, sta cercando di impedire la nascita di quel tiranno digitale? In questo contesto di guerra decennale a bassa intensità, in questo frame, tra narrazione del presente e fughe nel futuro, si innestano le vicende di un gruppo di precari, figli di una Milano che espelle chi non è capace di stare al suo ritmo, rinnegati, freak, anarchici che, dopo l’ennesima strage che investe la nazione, decidono di costituire un gruppo hacktivista per raccontare la verità su questa “natività digitale”, scoprendo ben presto a loro spese che l’unica verità possibile è già scritta: in questo presente (e nel futuro) i problemi non si risolvono mai, semplicemente si fa fuori chi li pone.
Dopo quattro anni di gestazione, il milanese Francesco Bizzini ha pubblicato il suo primo romanzo, di cui una parte è ambientata nella nostra regione, a Vivaro, anche se in un futuro ancora lontano, nel 2050. 544 pagine rilasciate gratuitamente in versione digitale sul sito www.ildiodeldubbio.wordpress.com e ordinabile in versione cartacea sempre sullo stesso sito, Il Dio del dubbio si presenta come un romanzo, prima parte di una trilogia, di genere distopico con “accenni cyberpunk”.
“Questo mio lavoro è nato per caso, sedendomi e iniziando a scrivere senza la più pallida idea di dove il racconto mi stesse portando – confessa l’autore –. Alla fine ho compreso quanto fosse necessario che questa sorta di dirottamento creativo avvenisse senza troppe remore e così Il Dio del dubbio è venuto al mondo con quell’imponente numero di pagine. Una caratteristica editoriale che fin da subito mi è stata segnalata come scoglio insormontabile per qualsivoglia casa editrice. Infatti, nessuna lo ha valutato degno di attenzione. Anche il genere Distopico mi è stato detto tiri poco. Puntare sul cavallo sbagliato, alla fine dei conti, è stato comunque divertente e formativo”.
Il Dio del dubbio è stato rilasciato così in regime di self publishing con precise e volute caratteristiche. La prima è quella di rivendicare politicamente la scelta di non appoggiarsi, né per la stampa, né per la vendita, né per la distribuzione a piattaforme di e-commerce che non garantiscano i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori di tutta la filiera (fattorini compresi). Il secondo elemento cardine è la gratuità o il “ricavo zero” dalle copie scaricate digitalmente o vendute fisicamente: ogni eventuale surplus sarà devoluto al Naga, associazione che a Milano offre assistenza sanitaria, legale e sociale gratuita a cittadini stranieri irregolari e non.
“Un romanzo che nessuno ha voluto pubblicare, lasciato precario nelle mie mani non poteva essere strumento di ulteriore disinteresse, sfruttamento e precariato nel mondo reale – aggiunge Bizzini – ovviamente questo ha complicato di molto la logistica e le incombenze di pubblicazione, ma credo che almeno nelle piccole cose bisogna essere coerenti con ciò che si scrive o almeno bisogna provarci. Anche porsi il problema è un atto vitale in un presente sempre più escludente e precarizzante. Soprattutto le autrici e gli autori della mia generazione dovrebbero sentire questa cosa con urgenza. Ci hanno fatto troppo male per essere loro complici anche nel piccolo della promozione dei nostri lavori”.
Il racconto parte/nasce a Milano, ma tocca anche il Friuli, quello più vicino alle radici dell’autore, la cui nonna era originaria di Vivaro.