Una vita all’ombra del grande cugino Pier Paolo. Così veniva spesso definito Domenico Naldini, nato a Casarsa nel 1929, figlio di Enrichetta Colussi, sorella della madre di Pasolini. Sotto lo stesso tetto, soprattutto dagli anni ‘40 ai ’50, Naldini fu sempre in devoto atteggiamento vicino al Pasolini casarsese. ‘Nico’, come Pier Paolo Pasolini, amava il mondo contadino friulano e si amareggiava della sua eclissi.
La ricercava, assieme alla sua giovinezza, nei ricordi dei casolari campestri, delle rogge, dei borghi in festa, delle escursioni estive nel vicino Tagliamento. Gente umile e forte, con un’identità da salvaguardare come la valeriana che avevano scelto a stemma dell’Academiuta di Lenga Furlana: “L’ardilùt al è na umila erbuta, ma sa basta na gota di rosada par falu brilà” (La dolcetta è un’umile erbetta, ma basta una goccia di rugiada per farla brillare).
Il suo bagaglio culturale è stato di prim’ordine, avendo lavorato con i più grandi della sua epoca, da Giovanni Comisso a Biagio Marin, dal Premio Nobel Eugenio Montale a Goffredo Parise, da Andrea Zanzotto a Federico Fellini, agli editori Livio Garzanti e Giulio Einaudi. Fiero della sua omosessualità, di cui non ha mai fatto mistero – a differenza di Pasolini – è famoso soprattutto per Breve vita di Pasolini (2015), Vita di Giovanni Comisso (1985) e Piccolo romanzo magrebino (Guanda), oltre al recentissimo Quando il tempo s’ingorga (2019).
Le sue poesie giovanili erano apprezzate. Lo stesso Pasolini curò Seris par un frut, uscite a Casarsa con l’Academiuta. Nel 1952, da Roma, Pasolini affermava “A Ulivi le tue ‘Seris’ sono piaciute moltissimo”, e confermando il suo apprezzamento aggiungeva: “mandami tutte le tue poesie dialettali non pubblicate, mi servono da mettere qua e là in ‘Fiera Letteraria’. Un anno dopo, lo incoraggiava: “Caro Nico la tua poesia è bella …studia e scrivi versi, senza scoraggiarti”.
Dalla poesia e dai racconti di Naldini emerge una descrizione nostalgica e vivace del suo Friuli, pur riconoscendo il ruolo conservatore dovuto alla influenza del clero in un periodo non facile, quello della guerra e della liberazione, caratterizzato da cambiamenti e dal bisogno di rapida ricostruzione del tessuto sociale. Nico era poi l’unico in grado di poter svelare gli aspetti e le vicissitudini e le tappe pasoliniane.
Nel 1999 lo chiamai a fare da colonna narrante del docu-film pasoliniano Nel paese di temporali e di primule del regista Andrea D’Ambrosio; tra gli altri testimoni ed allievi, emergeva per ricchezza di particolari e sfumature. Anche se un ricco epistolario e diverse pubblicazioni di memorie su Pasolini portavano la sua firma, non desiderava però essere additato sempre e solo come il biografo di Pier Paolo Pasolini: un’etichetta riduttiva, per il suo carattere fiero e orgoglioso.
Emigrato per lavoro, Naldini ritornava spesso a Casarsa, dove agli inizi degli Anni ’90 aveva favorito la creazione del Centro Studi Pasolini con la cessione di Casa Colussi, fornendo anche il ricco epistolario e numerosi scritti originali del cugino. Con padre David Maria Turoldo e Andrea Zanzotto frequentava San Vito al Tagliamento, in qualità di membro della giuria scientifica del Premio di poesia, di cui era, come ricorda Marco Marangoni, “un venerato signore in cui si notava in lui quella ‘sprezzatura’ dell’uomo di genio che amava tagliare dritto verso la meta”.
Negli ultimi tempi aveva pubblicato tanto, certamente spinto da un arcano e recondito bisogno di dare vita ai suoi ricordi e ossigeno alla sua sensibilità, in un tempo in cui gli anni pesano. A tratti dava segni di insofferenza e nel contesto odierno certamente era un po’ deluso, dichiarando che “Un pugno di mosche, un pugno di mosche è la vita!”. Due mesi fa, il 9 settembre, ci ha lasciati a 91 anni sul divano della sua casa di Treviso, tra file sparpagliate e cumuli di quei libri di cui si nutriva.
Paolo Garofalo già responsabile dell’Archivio Centro Studi Pasolini di Casarsa