Tra le opere dell’architetto Marcello D’Olivo, del quale ricorrono i 100 anni dalla nascita, ce n’è una, non realizzata, che fa riflettere sulla sua grande capacità progettuale. Ne parla in un articolo Giuseppe Fabbri, che all’epoca era molto vicino al professionista friulano: il piano di ristrutturazione del Colosseo a Roma. Egli ci racconta che all’epoca si continuavano a fare piccoli interventi di estrema urgenza che servivano a tamponare delle ferite più o meno gravi ma particolarizzate e con riflessi sulla sicurezza, ma nulla ancora mai mirato a ridare al monumento il suo splendore.
Alla Soprintendenza Archeologica c’era allora Adriano La Regina che aveva come collaboratrice senior l’architetto Maria Letizia Conforto. Fabbri racconta che un giorno chiese alla Conforto se esistesse, nei cassetti della Soprintendenza, un progetto di restauro globale del Colosseo. Risposta negativa motivata dal fatto che sarebbe servita l’opera di un super architetto, non certo di un architetto qualunque, Fabbri le disse allora: “Un super architetto tipo Marcello D’Olivo?”.
“Lei mi ha letto nel pensiero– disse Conforto, nel Gotha dell’architettura italiana D’Olivo è sicuramente l’uomo più in sintonia col Colosseo!”. Così D’Olivo fu coinvolto, praticamente a titolo gratuito, in questa operazione che gli avrebbe permesso, se fosse andata a buon fine, di apporre la sua firma dentro i confini della città eterna, lui che tanto aveva lavorato all’estero, ma poco in Italia. D’Olivo chiese che gli si mettesse un tavolo da disegno dentro il Colosseo e nient’altro; poi si sarebbe arrangiato lui. Nacque così il più bel progetto di restauro del Colosseo che, oltre ai lavori di ripristino funzionale dello smaltimento delle acque piovane che si basa su una rete di condotti fognari d’epoca romana, prevedeva tre elementi principali.
Il primo la protezione del monumento dagli effetti delle emissioni del traffico delle auto mediante la realizzazione di una galleria artificiale coperta esternamente di prato e vegetazione, cosa che avrebbe inoltre ripristinato l’antico posizionamento del Colosseo in una valle di verde. Il secondo, il rifacimento del piano dell’arena in assi di legno poggiate su un anello ellittico reticolare in acciaio. Quindi il terzo, la creazione di un museo aerato e illuminato al di sotto del piano dell’arena.
La stima dei costi per la realizzazione ammontava a un totale di 120 miliardi di lire (60 milioni di euro) divisi quasi identicamente tra l’interno del Colosseo e l’esterno. L’esterno comprendeva la galleria di 820 metri e la centrale di illuminazione e air conditioning degli ipogei. Data la cifra enorme per quelle che sarebbero state le possibili disponibilità (siamo nel 1988), si decise di rinunciare alla parte esterna del progetto e dare la precedenza alla parte interna più urgente, compresa l’arena anche se non qualificabile come tale.
Anche se dimezzato, tuttavia, il costo del progetto era ancora largamente superiore alle possibili disponibilità della Soprintendenza. Fabbri ricorda che incurante delle effettive probabilità che il progetto fosse finanziato, passò il Ferragosto del 1988 a Udine, nello studio di Marcello D’Olivo, a progettare perché la data di scadenza per la presentazione dei progetti al Ministero era molto prossima. Il 29 agosto il progetto fu consegnato alla Soprintendenza Archeologica e il giorno seguente da questa trasmesso al Ministero dei Beni Culturali. Dopo di che non si seppe più nulla.
Oggi, circa un quarto di secolo dopo, grazie ai finanziamenti dei privati (Della Valle in particolare) l’argomento è tornato di attualità. Fabbri dice: “Non so nulla del progetto alla base dell’attuale programma dei lavori, ma ho sentito tempo fa che il Ministro Dario Franceschini ha confermato che, tra l’altro, il piano dell’arena verrà ricostruito ma non ha detto una parola su quanto c’era dietro a questa idea. Nel frattempo Marcello D’Olivo se n’è andato. Quando nei miei sogni parlo con lui, non so mai se dirglielo o no, perché non so se gli farebbe piacere o lo farebbe incazzare ancora di più”.