L’identificazione temporale è tanto precisa da provocare quasi un senso di straniamento. La trama del nuovo romanzo di Flavio Santi – “L’estate non perdona” (Mondadori) – inizia il 3 agosto e si conclude il 23, in perfetta corrispondenza con il lettore che sceglie di dedicarsi alla sua lettura durante le ferie. Ma c’è di più: la vicenda si svolge durante l’estate più calda degli ultimi anni, proprio com’è questa che stiamo vivendo in questi giorni. Peggio ancora se il suddetto lettore trascorre le sue vacanze sul litorale friulano.
Il protagonista del romanzo, l’ispettore Drago Furlan, infatti, è un poliziotto in forza a Cividale, in ferie a Lignano Pineta assieme alla fidanzata Perla, che viene richiamato urgentemente in servizio a causa di un efferato delitto. Sul greto del Natisone è stato trovato un cadavere senza faccia: un colpo ravvicinato di kalashnikov ha letteralmente asportato i tratti somatici della vittima. Le indagini partono subito, incalzate della stampa che immediatamente parla del “mostro del Natisone”.
Ritroviamo così molti dei personaggi che abbiamo imparato a conoscere dalla precedente avventura di Furlan (“La primavera tarda ad arrivare”), come la già citata fidanzata Perla, il suo fedele vice Moroder; il pubblico ministero Santoliquido, napoletano che si sente in esilio nel profondo Nord; il commissario capo Alvise Aquilar, che non spicca certo per stacanovismo; il perito balistico Mauro Pascut; gli agenti scelti Colussi e Dominissini; gli amici dell’osteria Tarcisio e soprattutto la vulcanica signora Vendramina Furlan, madre dell’ispettore. Un piccolo mondo che viene ovviamente sconvolto dal primo delitto, a cui ne seguono altri due. Ma le indagini arrancano “con la lentezza di un gasteropode” e l’estate diventa sempre più torrida. Ancor più per Furlan, che fa il pendolare tra il mare e Cividale per portare avanti l’investigazione tentando di non scontentare la sua Perla.
Flavio Santi, friulano di origine, poeta e traduttore, docente all’università dell’Insubria di Como, tradisce nei suoi scritti il suo profondo amore per il Friuli e si permette perfino di fare della sana ironia sulla sua terra, scherzando sul frico, il mal dal madon, la passione per le osterie e per l’orto, la totale e indiscriminata passione per il lavoro. Dopo aver scritto di vampiri, precari, supereroi, raccontato il Friuli, prima ancora che nei gialli, nelle raccolte di poesia “Rimis te sachete – Poesie in tasca” (Marsilio), “Asêt – Aceto” (La barca di Babele), e nel memoir on the road “Il tai e l’arte di girovagare in motocicletta”. (Laterza).
“Questa nuova indagine racconta l’Italia ai tempi dell’Isis, e bisogna riconoscere che il giallo è un’arma espressiva potentissima, formidabile – ha dichiarato l’autore -: permette di raccontare luci e ombre del nostro Paese forse anche meglio di un reportage giornalistico. Fioriscono i saggi sull’Isis, ma sono piuttosto rare – per l’indubbia incandescenza – le narrazioni romanzesche che prendano di petto il problema: è quello che cerca di fare il mio libro. Se la letteratura non racconta l’oggi, a che serve?”.