Ai sensi dell’articolo 3 dello Statuto albertino, il vero responsabile delle scelte di politica estera nell’Italia ante-guerra era Vittorio Emanuele III, che governava attraverso i ministri. Fu quello degli Esteri Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano, a suggerire la scelta della neutralità: ineccepibile sul piano giuridico, necessaria per diverse ragioni, tra cui il fatto che una guerra a fianco dell’Austria sarebbe stata mal sopportata dall’opinione pubblica. Il ministro capì che da Francia e Gran Bretagna poteva ottenere ciò che l’Austria non voleva concedere: “Trento e Trieste”.
IL ‘SOGNO’ DELLE CLASSI ALTE
Anche in Friuli le classi alte iniziarono a convertirsi all’interventismo antiaustriaco, come si vide a Gemona il 18 ottobre 1914, nel corso del Congresso della Società Storica Friulana, dove il senatore di Prampero, vecchio patriota, si rallegrò di essere ancora in vita “quando spunta già la sicurezza che vedremo realizzarsi il nostro lungo sogno del compimento agognato della Patria nostra”. A Udine, il 29 ottobre, nell’affollatissimo Teatro Minerva, parlò Cesare Battisti, trentino, austriaco di cittadinanza e deputato al Parlamento di Vienna: “Ora o mai – scrisse ‘La Patria del Friuli’ – è il grido che prorompe dal profondo dell’animo suo: l’Italia non avrà più l’occasione di rivalersi di un sacrosanto diritto”.
LE PAROLE DI BATTISTI
L’Italia, disse, doveva intervenire contro l’Austria “per la difesa della libertà dei suoi figli irredenti, che sono dal governo feudale degli Asburgo compressi in una tremenda morsa, straziati nei loro più nobili sentimenti patriottici, flagellati nelle loro aspirazioni politiche”. Una terribile guerra avrebbe assicurato una pace duratura. “Un applauso scrosciante – scrive il giornale – salutò la chiusa della conferenza. Dal loggione piovono sulla platea fasci di bigliettini tricolori copianti pensieri e incitamenti di Oberdan, Mazzini e Carducci”. Quando Battisti parlò a Udine, da quindici giorni Mussolini – espulso dall’Avanti! per aver proposto un ‘neutralismo attivo’ – faceva uscire Il Popolo d’Italia, una delle forze propulsive del movimento interventista. Non sappiamo da quali ‘poteri forti’ provenisse il finanziamento iniziale, ma poi, è certo, il giornale fu sostenuto dal governo francese, che aveva tutto da guadagnare da una discesa in campo dell’Italia accanto alla Francia.