“Allora, cosa vuoi fare da grande?” Matteo ha quasi dieci anni, frequenta solo la scuola elementare ma lui si sente già grande. Solleva l’orecchio del suo coloratissimo libro di scienze in cerca di una risposta per poi spedire lo sguardo sul dinosauro maestosamente eretto sul frigo. Avrebbe risposto il paleontologo, se solo sapesse come pronunciarlo e se quella ficcanaso di mia sorella non si fosse intromessa dicendo: “Amore mio, tutto ti prego tranne che il calciatore”.
“E perché no? Troppo virile? Non cominciare con le tue frustrazioni da sesso debole. E’ l’unico mestiere che non conosce crisi”. Ribatte il compagno scappellando in aria il tappo della sua Moretti. Lei borbotta una risata sarcastica e con vigore replica: “Guarda che se siamo in crisi è proprio a causa delle vostre ossessioni virili. Lo sai vero che alla guida del FMI, della FED, della politica economica europea e chissà un giorno anche del paese più ricco del mondo ci sono delle donne? E sai perchè? Per contrastare l’avarizia e la corruzione che durante la vostra dominazione virile ha destabilizzato il pianeta. Se la Lehman Brothers Bank si fosse chiamata Lehman Sisters questa crisi non sarebbe neanche iniziata”. Lui accenna una smorfia, poi si tracanna un bel sorso di birra per riempire il vuoto di parole in gola e intanto maledice di averla contraddetta di nuovo in pubblico. Intanto il piccolo, approfittando della crisi di genere in atto, si arrampica verso il suo dinosauro.
Matteo ora frequenta la terza media e comincia a chiedersi quale indirizzo scegliere l’anno prossimo. Mia madre intuisce le sue perplessità e affettuosamente gli chiede: “Ma tu cosa vuoi fare da grande bello di nonna?”
“Il militare vuole fare, un bel posto fisso a garanzia di una vita avventurosa ma spensierata” Irrompe il nonno simulando il suono della tromba dei suoi bersaglieri.
“Non ascoltare quel vecchio” continua la nonna “è importante avere le idee chiare sin da piccolo sai? E poi fidati il posto fisso non esiste più”.
Il nonno, questa volta senza ironia, aggiunge “certo che esiste ma solo per pochi eletti, così come le pensioni..” e prima che potesse partire con la solita filippica, Matteo si svincola guadagnando la consolle della play, abbandonando di fatto la discussione sulla crisi sociale in atto.
Matteo ha quasi diciottanni, la preside dell’istituto mi chiama avvisandomi che ha abbandonato la classe senza giustificazione. Corro a cercarlo al parco, poi al campetto, niente, il telefono è spento, non lo trovo. Torno a casa e vedo la sua bici in giardino, rincuorato mi precipito dentro calpestando una lettera, la prendo e a denti stretti inizio a leggere:
“Che cosa vuoi fare da grande?
…ti sembra una domanda da tema in classe questa? Non ho potuto fare a meno di pensare a cosa avresti risposto tu, poi mi è partita una lacrima e sono scappato via. Hai consumato la tua giovinezza in fabbrica e ora sei grande, disoccupato e separato. Non credo tu abbia mai voluto questo. Penso alla tua situazione, alla crisi economica in atto, al futuro incerto e non trovo nessuna risposta. Fosse stato “che cosa sogni di fare da grande” avrei scritto mille pagine. Il sogno implica già un futuro, la speranza, una risposta.
Allora mi chiedo quand’è che voi grandi avete rinunciato ai vostri sogni, e perché vi siete preoccupati solo del posto fisso, di riempire le vostre case di cose inutili, per poi isolarvici dentro a imbottirvi di reclami televisivi e litigare per quello che c’era da comprare. Nell’egoismo del vostro benessere avete rinunciato a condividere le vostre paure e i vostri desideri con tutti gli altri. Avete rinunciato alla comunità, abbandonato ogni confronto, dimenticato ogni rivoluzione.
Noi amiamo i social perché siamo cresciuti soli e la solitudine fa paura, voi invece avete vissuto con la paura degli altri e del diverso, e questo vi ha impedito di costruire insieme il futuro di un popolo e della sua nazione… troppo impegnati a difendere i vostri campanilismi per accorgervi che nel frattempo è diventata globale. Dimmelo tu papà, cosa farò da grande?”
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