è abituale che tra nonni ci si racconti orgogliosi dei reciproci nipoti, ed è frequente anche il confronto sul tipo di educazione – scolastica e ludica – che essi ricevono dalla società attuale, così complessa e incerta. Per esempio, i nostri nipoti hanno a disposizione per il gioco una vastità di materiali e una strumentazione digitale che noi neppure immaginavamo. Inevitabile il confronto con le analoghe disponibilità nei primi Anni ’60, durante i quali buona parte delle famiglie friulane (ed europee) cominciava a godere di maggiore benessere, ma viveva ancora i ricordi della frugalità e della guerra (‘no si strasse nuje’). Così, i nostri giochi erano ancora quelli di qualche decennio prima. Nelle periferie udinesi la ‘muleria’ giocava in strada a pindul pandul (lippa in italiano), a ghega, con i mais (biglie di vetro), le cerbottane di sambuco o di plastica. Tra le femminucce furoreggiavano ancora le bambole e ‘le padelline’, mentre i maschietti si attrezzavano con fionde artigianali fatte coi budelli delle gomme di bicicletta. Molti di noi frequentavano anche ambienti organizzati (il calcio in parrocchia, la colonia estiva) che allargavano orizzonti.
Si trattava quasi sempre di giochi ed esperienze collettivi che – uniti ad una scuola ancora rigorosa e all’occhiuta vigilanza parentale – favorivano relazioni durature e ‘sviluppina’ personale (selfempowerment).Oggi troppi adolescenti perdono ore sui videogiochi (soli contro una macchina stupida) o chattando insistentemente disinteressati di ciò che fisicamente li circonda, trascurano la manualità dei giochi antichi restando abbacinati dalla ‘virtualità’ digitale. Evidente che questo non aiuta le sane relazioni, rischiando di aumentare la fragilità adolescenziale, anche di fronte alle difficoltà delle famiglie e alle incertezze economiche attuali.
Come ricordava il maestro Zygmunt Bauman (‘Di nuovo soli’), nella nostra ‘società privatizzata’ e liquida, si è generato un “indebolimento degli organismi che istituzionalizzavano la comunanza del destino…L’effetto – intenzionale o meno – di questo processo è stato la trasformazione della comunità (dell’azione comune in generale) da fonte di sicurezza a un peso per l’individuo’. Accanto alla indispensabile riflessione personale, occorre allora rilanciare il valore delle esperienze collettive (da quelle ludiche sino al non profit e alla politica di base) cominciando dai ragazzi, a cui le ‘narrazioni’ e l’esempio etico dei nonni possono dare anche oggi qualche stimolo utile. Senza ‘amarcord’ nostalgici, daremo una mano al difficile mestiere dei genitori e ai nostri nipoti, per aiutarli a diventare ‘cittadini autonomi, moralmente autosufficienti e autogestiti (spesso quindi scomodi e ingombranti)’, ma sempre responsabili’. (Bauman)