E così, alla fine, ci siamo abituati a diventare animali ‘asociali’. Abbiamo imparato a guardare le mostre dai 10 cm di uno smartphone, a frequentare un vernissage seduti sul divano, col computer sulle gambe e – chi ci avrebbe mai pensato? – a seguire una conferenza sui social. Annullati gran parte degli appuntamenti ‘in presenza’, il mondo della cultura è andato avanti lo stesso – soprattutto grazie alla presenza di sponsor pubblici e privati – , rimandando a tempi migliori eventi già programmati. Quelli legati a una data specifica non sono proprio andati benissimo e questo dovrebbe far riflettere per il futuro. Certo, nessuno un anno si fa si aspettava una pandemia, e allestire grandi mostre o preparare convegni e festival di un certo livello richiede mesi e mesi di lavoro. In alcuni casi sprecati, in altri semplicemente convertiti a una fruizione ‘digitale’. Musei e sale chiusi per buona parte dell’anno hanno avuto una parte fondamentale nel soffocare l’intero comparto, tra eventi spostati, cancellati o solo annunciati. Resta il dubbio che in alcuni casi si sarebbe potuto fare di più, o di diverso. Riproviamoci nel 2021. Che sarà – tanto per dare un paio di idee – il 700° anniversario dalla morte di Dante, il 120° di Giuseppe Verdi, l’80° da quella di James Joyce, ecc….
CELEBRAZIONI: PER IL TIEPOLO, ASPETTIAMO ALTRI 50 ANNI… – In particolare nel mondo di area germanica, Udine è nota come “la città del Tiepolo” per la presenza di un numero cospicuo di opere di uno dei maggiori pittori del ‘700 italiano: nel Palazzo Patriarcale, sede del Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo, ma anche nel Duomo e nell’Oratorio della purità, location note agli estimatori.
Il 27 marzo si sarebbe dovuto celebrare il 250° anniversario della morte di Gianbattista Tiepolo. Una collaborazione tra Museo diocesano e Gallerie e Museo del duomo per valorizzare il patrimonio di quadri e affreschi di Gianbattista e del figlio Giandomenico in città era stata annunciata, ma gran parte dei progetti è caduta vittima del lockdown. Il nuovo Museo friulano della fotografia ha ospitato Udine espone Tiepolo, excursus sugli omaggi all’opera dell’artista attraverso disegni, fotografie e video, ma la mostra è finita online quasi subito. E così, nella memoria degli appassionati più vetusti, rimane l’omaggio storico di Villa Manin nel 1971 (chissà perché…) per il bicentenario della scomparsa. Si poteva fare di più? Alla fine, oltre a una serie di visite guidate interrotta quasi subito e una cartellonistica stradale forse pleonastica, l’occasione è stata un po’ sprecata, anche se le visite dei turisti germanici erano comunque ridotte dal virus. Una promessa: tra 50 anni, pandemie permettendo, fate di meglio!
TARTINI: LA FAMA ‘SINISTRA’ SI E’ CONFERMATA – La data spiega tutto: il 26 febbraio si doveva celebrare in regione un altro anniversario, il 250° dalla morte di Giuseppe Tartini. Nato a Pirano nel 1692, fu uomo di fascino e nel suo tempo il più famoso violinista d’Europa, apprezzato compositore e professore di musica, ma anche scienziato, autore di trattati sull’armonia e sulla teoria della musica, inclusa quella sul ‘terzo suono’.
La sua città natale, Pirano, e quella di Trieste, che gli ha dedicato il Conservatorio, avevano pensato a un elenco di celebrazioni lungo quasi un anno, che comprendeva un progetto di turismo culturale finanziato dall’Unione europea per promuovere la sua eredità culturale unendo partner italiani e sloveni. Il 29 febbraio, i primi casi di Covid in Friuli chiudono virtualmente – e anche fisicamente – una parte di eventi. Impossibile, vista la coincidenza temporale, non pensare alla fama sinistra dell’artista, con una vita di sorprese e misteri, fatta di duelli alla spada e una parentesi monastica, ma anche un leggendario incontro con il Maligno, che gli avrebbe suggerito una famosa composizione, Il trillo del diavolo, alimentando una fama diabolica, mai smentita (tutt’altro) dal musicista!
GIOVANNI DA UDINE: RIMANDATA LA PRIMA GRANDE MOSTRA – Doveva aprire il 12 dicembre ed era stata annunciata come “una delle più importanti mostre organizzate a Udine” già con qualche mese in anticipo, quando già si intuiva che difficilmente sarebbe stata visitabile, visto il susseguirsi di Dpcm e zone ‘colorate’. Zvan da Vdene fvrlano – Giovanni da Udine tra Raffaello e Michelangelo (1487-1561), nelle Gallerie d’arte antica del Castello della città che, appena un quarto di secolo prima, gli aveva dedicato il ‘Teatrone’ tra la sorpresa generale, sarebbe stata la prima, vera mostra dedicata a Giovanni Ricamatore, o meglio, Giovanni da Udine, ‘furlano’, come si firmò all’interno della Domus Aurea. Artista che riuniva in sé l’arte della pittura, del disegno, dell’architettura, dello stucco e del restauro a livelli di grande eccellenza, lavorò a Udine, Firenze e soprattutto Roma, prima di rientrare nella sua città natale col proposito di “non toccar più pennelli” e finendo invece a progettare edifici.
Grande progetto che, la prima volta, riuniva un cospicuo numero di raffinati disegni da musei europei e una collezione privata americana, oltre a stucchi, incisioni, documenti, lettere, libri e stampe, la mostra voluta dall’amministrazione comunale – e anticipata già su queste colonne durante i mesi estivi – rappresentava finora l’omaggio più importante a un ex ‘ragazzo di bottega’ di provincia, capace di farsi conoscere sullo scacchiere internazionale dell’epoca come uno dei talenti pittorici più puri della sua generazione. Se ne riparlerà in primavera. Lo auspichiamo.
IL TEMA: FINE DEL PATRIARCATO? NO, GRAZIE! – Se una cosa non va benissimo la prima volta… di sicuro non lo farà la seconda. Nel 2019, l’intera regione (!) si era impegnata a realizzare progetti culturali di ogni tipo dedicati alla figura di Leonardo da Vinci, che da queste parti passò il tempo necessario per un paio di progetti, di cui uno rifiutato. Il tema culturale ‘suggerito’ dall’amministrazione regionale per ricevere i fondi necessari per realizzare progetti culturali nel 2020 era – per chi non lo sapesse – il 600° anniversario della caduta dello Stato patriarcale di Aquileia per mano della Repubblica di Venezia. Mai ricorrenza infausta fu più contestata: di fatto, il 1420 coincide con la fine dell’epoca d’oro del Friuli e per questo la scelta è stata attaccata da buona parte del mondo culturale, cui non è andato giù di dover ‘celebrare’ una data infausta: la fine dell’autonomia e l’inizio della sottomissione (nel caso specifico, da alcuni trovato non casuale, al Veneto). Risultato? Il Covid e la pandemia hanno messo in secondo, se non terzo piano la cultura e un tema non troppo felice, e i progetti sulla ‘fine del Patriarcato’ si sono contati sulle dita di poche mani… Speriamo che la lezione sia servita.