Non è una questione ‘politica’, ma anagrafica. Il dialetto veneto parlato a Udine, per secoli tratto distintivo delle classi ‘agiate’, è in via di ‘esaurimento’. Nonostante sia stato inserito addirittura in una legge regionale di tutela (la n. 5 del 17/2/2010) assieme alle altre varianti parlate in regione, questo ‘veneto coloniale’ o ‘di imitazione’ ha iniziato un lento declino, partito già alla fine della Seconda guerra. I conti son presto fatti: gli ultimi superstiti di questa specie di ‘orgoglio cittadino’ sono nati nel periodo che va dagli anni ’20 ai ’40. E quindi, anche augurando una vita lunga, anzi lunghissima, agli ultimi alfieri del vustu, gastu e via dicendo, il suo destino è segnato.
Negli anni ’60, uno studio di Giuseppe Francescato aveva individuato in un 10% gli abitanti della città che indicavano l’udinese come ‘lingua nativa’, con una prevalenza di donne, per le quali ha rappresentato una sorta di status symbol. Indagini empiriche e alcuni convegni – come quello organizzato dall’Università di Udine qualche anno fa – spingono a credere che la percentuale e il numero complessivo si siano ridotti drasticamente, nonostante la struttura consolidata e linguisticamente meno semplificata di un altro famoso veneto ‘coloniale’ della regione, quello di Trieste. “Parlare udinese – spiega Federico Vicario, presidente della Filologica friulana, che si è occupato dell’argomento a più riprese – era una questione di prestigio legata alla ‘capitale’, cioè Venezia. Era la lingua di chi aveva assunto usi e leggi altrui, ed è diventata nel tempo quella del Centro, della Udine delle botteghe. Con la trasformazione di Venezia in capitale mondiale turistica, quel tipo di prestigio è sparito”.
DIGNITA’ LETTERARIA
Assente, così pare, da qualsiasi progetto legato alla sopracitata legge 5/2010 (nessuno ha presentato domanda), l’udinese farà la fine degli altri dialetti di ‘importazione’, come il veneto parlato tuttora a Palmanova. E questo, nonostante ci siano stati almeno un paio di casi (la poetessa Nadia Pauluzzo, lo scrittore Renzo Valente) che gli hanno dato dignità letteraria (così come Zorutti, anche se in forma di parodia). “A Udine – conclude Vicario – non è mai stato maggioritario e, da quando l’identità friulana è stata vista anche in città come un fattore positivo, ha iniziato a sparire”.