La fotografa friulana Ulderica Da Pozzo presenta a Udine, sabato 21 alle 17 a Casa Cavazzini, il suo nuovo libro fotografico. Un lavoro che parla ancora della “sua Carnia”. E lo fa utilizzando lo strumento del ritratto per fermare il tempo che non c’è più e anticipare il futuro. “I ragazzi del ’99” (pubblicato dalla società San Lorenzo Handels GmbH) nasce dal ricordo del nonno Alfonso, ragazzo del 1899 e di suo figlio Niccolò, ragazzo del 1999. Dal confronto, diretto e incisivo, tra due generazioni sboccia una riflessione sulla montagna, sulla resistenza delle tradizioni e sul ruolo che i giovani avranno negli anni a venire. Cosa sognano? Come si immaginano il loro domani?
Ulderica Da Pozzo la montagna l’ha già raccontata a lungo, fotografando stanze vuote e oggetti d’uso abbandonati, ha cercato insistentemente il dialogo con la gente, trasformando i suoi scatti in momenti di incontro, relazione, dove arte ed etnografia si incrociano.
L’autrice per questo progetto e questo libro ha letteralmente bussato alla porta degli uffici di tutti i comuni della Carnia per avere i numeri anagrafici delle due generazioni, per comprendere e orientare meglio la sua ricerca fotografica. I dati sono inclementi: Ampezzo per esempio nel 1899 contava 108 ragazzi e oggi soltanto 5, a Raveo ne resta 1.
Cento anni non sono pochi, sono abbastanza per la crisi demografica che colpisce trasversalmente i piccoli centri, la contrazione dei servizi, la chiusura di scuole e latterie, gli spazi vuoti delle comunità e l’inarrestabile scivolamento verso il fondovalle dell’area tolmezzina, l’esperienza del pendolarismo.
Liste dei “coscritti” alla mano, Ulderica ha cercato i ragazzi che resistono, li ha ritratti, prima ancora ascoltati per cogliere il senso della vita in Carnia oggi: “In questo lavoro, prevale l’idea di convivenza, invece che un senso di contrapposizione e divergenza- afferma l’antropologo Gianpaolo Gri, autore di un testo critico nel volume – lei ha raccontato la montagna degli anziani e la realtà della nuova generazione attorno a rituali collettivi, religiosi e laici, che resistono in Carnia”.
Due storie si affacciano nel volume, quella degli anziani che Ulderica Da Pozzo ha interrogato a lungo e il presente, con le sue aspettative e l’energia che lo contraddistingue: “Una donna mi guarda dal tempo con un viso antico, che conserva nella voce e nel racconto i ricordi di una cartolina spedita da bambina al padre emigrante in Germania. Un ragazzo mi parla del suo sogno di lavorare alla Nasa. Due ’99 cosi distanti eppure in un confine e uno spazio vicini – dichiara l’autrice – le voci dei ragazzi che oggi ci raccontano di come si vive e si sogna in montagna, di chi vuole rimanere e chi andare via, di paesi vuoti e speranze mai perdute, sono un regalo di conoscenza per tutti”.
I volti delle persone sono una rappresentazione concreta dell’identità, individuale e collettiva. Ulderica Da Pozzo ha realizzato i ritratti dei ragazzi con sguardo antiretorico, lasciando ai soggetti la possibilità di scegliere il contesto in cui essere fotografati: “Contesto carico di connotazioni identitarie, emozionali o affettive – commenta Angelo Bertani, autore del secondo apparato critico del volume – alle spalle del soggetto o attorno a lui ci sono molti aspetti di carattere simbolico, il campanile della chiesa, l’acqua azzurrina del torrente alpino, la porta di una casa tipica”.
La sequenza dunque assume inevitabilmente una valenza collettiva: “L’insieme dei ritratti finisce per essere un ritratto collettivo – rimarca – di questa terra e del suo futuro”.
Accanto ai ragazzi, ci sono anche le foto dei fuochi comunitari, cosi spesso legati a riti di passaggio, al ciclo delle stagioni e alla fertilità. “Il fuoco, oggetto antropologico ricco e polivalente – conclude Gri – purifica, feconda e ricrea”. Non è difficile dunque comprendere il suo ruolo e il legame con i ritratti dei giovani, per un incendio di valore metaforico che possa essere di buon auspicio per la Carnia e per le sue nuove generazioni.