Sono volti e sguardi che sembrano usciti da “Il nome della rosa”. Sarà presentata martedì 24 novembre alle 18 in diretta streaming sui canali YouTube e Facebook di ZeroPixel Festival dalla curatrice Lorella Klun la mostra personale del fotografo triestino Fabio Rinaldi “Palio di San Donato”. L’esposizione avrebbe dovuto essere allestita insieme ad altre quattro mostre all’interno del Magazzino 26 di Porto Vecchio per ZeroPixel Festival e verrà proposta dal vivo non appena le circostanze lo consentiranno. E’ un reportage d’autore in bianco e nero sulla rievocazione storica che si celebra ogni anno a Cividale del Friuli, un tuffo nelle atmosfere medievali del Patriarcato di Aquileia, tra eventi e tornei che si susseguono lungo le vie della città.
Correva l’anno 1361, ricorda Klun, quando iniziò la tradizione del Palio di Cividale, che premiava il primo classificato con “quattordici braccia di panno fino scarlatto”. Da allora, per quasi tre secoli, i borghi si confrontarono nel palio equestre, prerogativa del ceto nobile, e con il palio pedestre, di estrazione più popolare; a queste competizioni si aggiunsero più tardi il tiro con l’arco, con la balestra e gli archibugi. Nel 2000 si volle ridare vita all’evento, ambientandolo nella seconda metà del XIV secolo, così ogni fine agosto, in onore di San Donato, patrono di Cividale del Friuli, tutta la città diventa un diffuso palcoscenico. Per tre giorni gli abitanti rifuggono non solo dalle moderne tecnologie e dagli ornamenti contemporanei – cellulari, orologi, occhiali da sole e bigiotteria – ma indossano abiti e accessori filologicamente curati fin nei minimi particolari. Analogamente, tutte le attività messe in scena, dalla cottura del cibo fino alla ricostruzione delle botteghe artigiane, utilizzano attrezzi e suppellettili rigorosamente fedeli al periodo storico.
La serie fotografica di Fabio Rinaldi, scrive Klun, non è frutto di un mordi-e-fuggi fotografico, ma appare come l’esito di una laboriosa e paziente ricerca: “Per cinque edizioni l’autore, accompagnato dalla sua Leica, si è immerso nella Città ducale, regalandoci delle immagini la cui qualità è determinata non solamente dal rigore tecnico, formale e compositivo (accentuato da una accurata stampa analogica in bianco e nero), ma anche da una innata capacità di cogliere le giuste atmosfere e situazioni. Negli esterni pervasi dal fumo avvolgente dei calderoni, tra elmi, camagli e schinieri appoggiati nell’erba in attesa della tenzone, sono soprattutto i volti e gli sguardi ad affascinarci: cortigiani melliflui, truci arrotini e contendenti avvolti in pesanti armature, assorti nel loro ruolo, tanto che anche noi, insieme a loro, ci sentiamo proiettati indietro nei secoli”.
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