Se ne parla sempre più frequentemente, sui media appare sempre più spesso in titoli e notizie. Eppure per molti il termine bioeconomia rimane ancora un oggetto misterioso. Anche per molti ‘addetti ai lavori’.
La bioeconomia è destinata a caratterizzare lo sviluppo economico e anche sociale dei prossimi decenni.
Molti la definiscono come utilizzo di energie e materie prime rinnovabili, altri la incasellano come agricoltura sostenibile, altri ancora come economia circolare, cioè del riutilizzo. Ebbene: è tutto questo ma anche molto di più. Il concetto su cui si basa e con cui dovremo fare i conti – sia in termini di difficoltà sia di opportunità – è la trasversalità allo schema di competenze a cui siamo abituati a pensare. La bioeconomia si nutre di conoscenza in tutti i settori, dalla biologia alla meccanica, dalla finanza alla chimica.
Da diverso tempo la Regione Friuli-Venezia Giulia ha messo in agenda questo tema quale leva di sviluppo dei prossimi anni. Da ultimo ha cercato di allargare il cerchio dell’azione di informazione e divulgazione, come anche di vera e propria formazione.
Così è stato nel recente workshop “Bioeconomia, questa sconosciuta. Tra agricoltura e green-economy: quali le reali prospettive in Fvg” organizzato da Cefap nell’ambito di corsi di formazione legati al tema dell’innovazione finanziati dal Fondo sociale europeo.
Numeri importanti
La bioeconomia europea garantisce circa 2.300 miliardi di euro annui e più di 18 milioni di posti di lavoro (circa il 10% dell’occupazione e del fatturato) e che quella italiana conta quasi due milioni di posti e circa 330 miliardi di fatturato annuo: di questi 52 sono relativi alla produzione agricola, con 800 mila occupati, e 140 alla produzione industriale alimentare, con quasi 400 mila occupati. L’Italia è la terza nazione del settore in Europa, dopo Germania e Francia, e la seconda come presenza nei progetti europei su Bioeconomy-Food e Blue Growth.
Dagli interventi del convegno, a cui hanno contribuito relatori dell’Università di Trieste e Udine e dell’agenzia di cluster Agrifood Fvg, è emerso come una ricerca di soluzioni per valorizzare la biodiversità e la capacità di mitigazione e adattamento ai cambiamenti globali nelle filiere della produzione primaria (agricoltura, foreste, pesca) e della foresta-legno, utilizzando bio-risorse rinnovabili per produrre cibo, materiali ed energia sia un obiettivo che richiede un approccio trasversale.
“Si tratta di una materia estremamente articolata e intersettoriale, che riguarda enti e soggetti diversi ed è molto difficile da comunicare – ha osservato l’assessore regionale Stefano Zannier – ma che deve invece raggiugere il livello di una vera e propria cultura generale di sistema: per questo occorre mostrare ricadute, risparmi, esempi concreti. La Regione ha raccolto per parte sua la sfida, creando tavoli di lavoro intersettoriali, promuovendo formazione e interazione tra soggetti: serve ancora più movimento dal basso e sul territorio in grado di coinvolgere più categorie e occorre aggiornare continuamente il data base delle realtà già al lavoro su questo tema. Il mio ringraziamento va quindi a tutti coloro che sono impegnati a creare un nuovo modo di approccio all’attività sistemica”.
Al focus, rivolto ai dipendenti della Regione e a professionisti agronomi e forestali, tecnologi alimentari, chimici, fisici, e periti agrari, sono intervenuti, tra gli altri, Luigi Capuzzi, direttore della ricerca e sviluppo di Novamont di Novara, i docenti Lucia Gardossi (UniTs e coordinatrice Cts Cluster Spring) e Alessandro Peressotti (UniUd e delegato Ricerca Di4A), oltre al presidente di Agrifood Fvg, Claudio Filipuzzi.