Un sospiro di sollievo, cauto, ma intenso. E’ quello tirato dalla Camera di Commercio di Pordenone dopo che oggi la Corte Costituzionale ha depositato la sentenza sul ricorso presentato da alcune Regioni (non il Friuli Venezia Giulia) sul riordino delle Camere di commercio. Il documento prevedeva l’accorpamento tra gli enti di Pordenone e Udine. La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 4, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219 nella parte in cui stabilisce che il decreto del Ministro dello sviluppo economico dallo stesso previsto deve essere adottato ‘sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano’, anziché previa intesa con detta Conferenza. In pratica, non bastava un semplice parere ma era necessario un accordo.
E’ stata così bocciata una delle parti fondamentali delle legge Madia, cosa che da tempo sosteneva l’ente camerale pordenonese che ha tutt’ora in piedi anche un ricorso al Tra del Lazio. Il cui pronunciamento, a questo punto, rischia di essere inutile. “Siamo soddisfatti – commenta il presidente della camera di Commercio di Pordenone Giovanni Pavan – perché è stata confermata l’illegittimità costituzionale che noi sostenevamo. A questo punto dobbiamo attendere che venga riscritta quella parte di legge e poi fare le debite valutazioni”.
La sentenza non boccia per sempre l’accorpamento tra Udine e Pordenone, già in fase di attuazione con la nomina del commissario dell’ente pordenonese, ma lo congela. Ognuno dei due enti, per ora, mantiene la propria autonomia.
Fino a quando? Difficile dare delle tempistiche perché la norma delle legge Madia va riscritta e, con le elezioni in vista, è molto probabile che se ne occupi il Governo che verrà. Non è escluso, infine, che tutto l’impianto di riordino – che pone il limite di 60 camere – venga rivisto. “Me lo auguro – conclude Pavan -. Ma resta il rammarico che la nostra Regione non si sia unita a noi nel ricorso”.