Le Associazioni di promozione sociale, le organizzazioni di volontari, le cooperative sociali e i singoli volontari italiani coinvolti dal 2017 nel processo di cambiamento dettato dalla riforma del Terzo Settore, con l’epidemia legata al Covid-19 si sono trovate a dover gestire situazioni di difficoltà prima imprevedibili. Ad esempio, ci sono state e ci sono difficoltà in molte cooperative sociali e associazioni di volontariato che offrono ai Comuni servizi per persone anziane o con disabilità od organizzano eventi culturali e sportivi.
In Friuli-Venezia Giulia un ruolo centrale nel supporto alle attività del Terzo Settore viene svolto dal Centro Servizi Volontariato un’eccellenza a livello nazionale.
Nell’ultimo webinar del ciclo “Progettiamo il futuro” co-organizzato da Arcom (Associazione Regionale dei Consulenti di Management del Friuli Venezia Giulia) e la testata Il Friuli, Alessandro Braida ha discusso con il direttore del Csv Fvg Federico Coan (nella foto) alcune prospettive, attuali e future, che caratterizzano il mondo del volontariato. Di seguito si propone una sintesi del dialogo sviluppato fra i due relatori dell’incontro on line.
Nei precedenti webinar del ciclo “Progettiamo il futuro” è emerso chiaramente come da un lato le organizzazioni si trovino concentrate sul presente, a seguito degli eventi dell’ultimo anno, per sopravvivere alla contingenza mentre dall’altro per i trend che caratterizzeranno il futuro (digitalizzazione, sostenibilità ambientale, inclusione sociale, ecc.) risultano accelerate le dinamiche. Da questo punto di vista, che processi sono in atto nel contesto delle Associazioni di Volontariato, di Promozione Sociale e degli altri Enti del Terzo Settore? Che cosa sta accadendo nel terzo settore?
“Credo sia difficile per tutti, in questo momento storico, non solo disegnare scenari futuri, ma anche leggere il presente e decondificare tutti i processi in corso sia nella società sia nelle organizzazioni, inclusi gli Enti di Terzo Settore.
Per capire cosa stava (e sta) succedendo, nel corso del 2020, durante il primo lockdown, il CSV FVG ha effettuato una ricerca su bisogni e priorità emergenti del Terzo Settore FVG. Sarebbe già tempo di riproporla e rifarla, proprio in ragione dell’accelerazione delle dinamiche che hai evidenziato.
La ricerca conferma come il lockdown e il periodo immediatamente successivo abbiano inciso e incidano notevolmente sulla vita delle associazioni. Il 36% delle associazioni dichiara di aver proseguito le proprie attività, di averle riadattate o di averle innovate. Il resto (circa il 60%) dichiara di aver fermato la propria attività, salvo azioni di cura dell’associazione rispetto al mantenimento delle relazioni (con soci e volontari più che con utenti destinatari), la gestione burocratica e la riprogettazione. Questo aspetto è confermato anche dal dato sui volontari attivi: il 16% dichiara di non avere volontari attivi e il 56% di averne solo alcuni.
Emerge una percezione di disorientamento e incertezza sul riavvio e sul futuro dell’associazione, vissuti accentuati dalle situazioni critiche, dai nuovi disagi e dai problemi sociali che i sodalizi rilevano nelle comunità locali. Questo elemento riconosce il ruolo centrale che gli ETS sentono di avere nelle comunità, in particolare come punto di riferimento per la socialità, per i servizi di prossimità e per intercettare situazioni di fragilità.
Rispetto alle nuove emergenze sociali legate alla pandemia, dall’osservatorio degli ETS emergono come categorie prioritarie la povertà, il disagio sociale e psicologico, la mancanza di relazioni, la povertà educativa e il disagio nei nuclei familiari.
La dimensione della rete è percepita come fondamentale ma non da tutti: soprattutto negli incontri territoriali che abbiamo organizzato per confrontarci su criticità e priorità emergenti.
Più recentemente, nel corso del 2021, stiamo osservando come molte iniziative e progetti degli ETS, al netto della contrazione generale delle attività, stiano già facendo i conti con la nuova realtà: le azioni vengono riconfigurate on-line e, in molti casi, determinano anche nuove opportunità realizzative: se molte cose non si posso fare, altre abbiamo scoperto che possiamo farle con più facilità e a costi più bassi”.
La riforma del Terzo Settore – ponendo al centro la figura del volontario – intende valorizzare i contributi dei soggetti ma richiede anche capacità di far interagire le molteplici realtà associative con il territorio, gli enti amministrativi locali e le non poche realtà for profit interessate, utilizzando modalità atte a generare impatti diffusi e maggior coesione sociale. Tale tendenza è stata evidenziata anche parlando di industria 5.0 e del paradigma open innovation. Queste tendenze a tuo avviso possono rappresentare delle opportunità di miglioramento del tessuto economico sociale? Se sì, è necessaria una crescita delle competenze manageriali sia sul piano tecnico sia sul piano della gestione delle relazioni nel proprio contesto d’azione?
“Ritengo che in questo momento storico il fenomeno pandemico accomuni e avvicini come non mai il primo settore (pubblica amministrazione), il secondo settore (for profit) e il terzo settore (non profit) ben oltre i dispositivi legislativi e normativi che, nei diversi modi, prevedono o incentivano le collaborazioni intersettoriali (es. co-programmazione, co-progettazione, pratiche di RSI, volontariato d’impresa, volontariato professionale, ecc.).
La pervasività e l’intensità di quanto stiamo tutti vivendo sono infatti elementi con cui tutte le nostre organizzazioni si trovano a convivere e confrontarsi, indipendentemente dal settore di appartenenza. È compito di tutti far prevalere, al ‘si salvi chi può’, la coscienza di essere una ‘comunità di destino’.
Da questo punto di vista, la capacità collaborativa di organizzazioni e management – che fonda, ancor prima che su competenze e strumenti, su consapevolezza e cultura – sono alla base del concetto di ‘creazione di valore condiviso’. Con questa definizione intendiamo la creazione di valore economico attraverso la creazione di valore sociale, postulando uno stretto legame e un’interdipendenza diretta tra competitività di impresa e ‘salute’ della comunità. Forse, da tutto quanto ci accadendo, stiamo davvero imparando e iniziando a capire che non possiamo più immaginare di perseguire i nostri scopi senza concorrere, in solido, al perseguimento degli scopi altrui. E non perché si tratti per forza di fare di necessità virtù ma perché la virtù è ormai una necessità. Per esempio quando parliamo di sostenibilità che, ricordiamo, deve essere ambientale, economica e sociale.
Connessioni e reti, comunicative e relazionali, analogiche e digitali, ridefiniscono le logiche d’azione e le strutture delle organizzazioni affinché il processo di innovazione fluisca e travalichi i confini e i limiti organizzativi – definiti in termini di dotazione nativa di risorse, routine e competenze – creando valore per la comunità.
Sapersi collocare e muovere tra gli assetti reticolari e saper creare connessioni tra le risorse esistenti è sempre più una competenza indispensabile per ‘accompagnare la complessità’ (più che governarla) e attingere all’intelligenza collettiva come risorsa strategica.
Non si tratta, quindi, solo di crescita delle competenze manageriali ma di nuove competenze manageriali che le persone sono chiamate ad esprimere, indipendentemente da dove operano (pubblica amministrazione, azienda for profit o organizzazione non profit).
Per quanto ci riguarda l’Open Innovation non è solo un’opportunità ma una condizione necessaria – di riqualificazione dell’offerta di valore e dei significati connessi al ruolo istituzionale e sociale ricoperto dal CSV FVG – per il proseguimento sostenibile della nostra esistenza, funzione e utilità. Tanto, non nell’ottica della conservazione-riproduzione-giustificazione del proprio Sè organizzativo, ma in ragione di una crescita vertiginosa della solidarietà diffusa e dei valori del volontariato e della solidarietà”.
Lo spostamento di molte relazioni dai luoghi fisici ai luoghi virtuali e l’accelerazione nell’utilizzo di tecnologie di comunicazione digitali oltre che delle modalità di organizzazione del lavoro in Smart working ha determinato dei cambiamenti nel mix di servizi proposti dal Centro Servizi Volontariato ai suoi utenti?
“La risposta non può che essere ‘inevitabilmente’. Inizialmente abbiamo ‘riconfigurato’ i nostri servizi convertendoli on-line o in forma digitale. Dopo un anno abbiamo consolidato la prassi del ‘digital by design’ dei nuovi e vecchi servizi. Oggi non c’è un servizio che non sia progettato senza integrare, sin da subito, la sua dimensione digitale.
Non solo: nel progettare un qualsiasi nuovo servizio, la prima cosa che facciamo è guardare fuori. Partiamo sistematicamente dall’analisi degli stakeholder e delle possibili connessioni di rete (in termini di individuazione e attivazione di alleanze e collaborazioni orizzontali con altri soggetti e risorse presenti). Il primato strategico non è più rappresentato dalla capacità di recuperare le risorse necessarie ad erogare un servizio (ex novo) ma dalla capacità di cercare, attivare, valorizzare e rendere fruibili diffusamente le risorse che già ci sono trasformandole in servizio per il volontariato (es. il lavoro che stiamo facendo con gli ordini professionali).
Il nostro business model era già stato rivisto negli ultimi anni, passando da un CSV inteso come sportello erogatore di servizi e finanziamenti a sostegno e qualificazione dell’attività di volontariato ad un CSV inteso come piattaforma collaborativa (hub generativo) che moltiplica risorse e promuove la significatività del volontariato.
Confermo, da questo punto di vista, l’accelerazione di processi e il superamento di un’ampia parte delle resistenze al cambiamento che il Covid ha portato con sé.
Che a, distanza di un anno, qualcosa sia cambiato, ce lo dicono i numeri dei risultati riferiti al periodo equivalente dal 1° gennaio all11 marzo (2 mesi e mezzo scarsi): nel 2020 abbiamo erogato quasi 1.799 servizi ad oltre 1.104 utenti; nel 2021 abbiamo erogato oltre 3.265 servizi ad oltre 1.417 utenti. I servizi erogati sono aumentati del 81% e l’utenza del 28 per cento”.
Già nel 2019 il CSV FVG ha lanciato GLUO una piattaforma collaborativa on line per offrire o scambiare servizi gratuiti tra associazioni e per aiutarle a “fidarsi le une delle altre”. Che evoluzione ha avuto nel corso del 2020? Ha trovato delle applicazioni non previste in considerazione delle sue caratteristiche altamente innovative?
“La gestazione di Gluo è partita nel 2019 ma la piattaforma ha visto la luce solo alla vigilia al primo lockdown (era il 14 febbraio 2020). Gluo è un esempio di innovazione radicale che passa attraverso la cosiddetta disgregazione della struttura verticale e la (co)generazione diffusa di servizi. Rispetto ai servizi di cui può fruire il volontariato, il CSV FVG passa da centrale unica erogativa ad hub generativo (piattaforma collaborativa).
La proposta di valore è semplicissima: inutile consumare sistematicamente risorse per comprare un bene o produrre un servizio se questo è già presente all’interno della nostra “community” ed è sufficiente valorizzarlo e renderlo accessibile.
Gluo opera per far emergere il potenziale latente presente in seno alla comunità (a partire dalle risorse sottoutilizzate o non utilizzate) e trasformalo in servizi a favore del volontariato regionale ed italiano. I meccanismi di scambio sono quelli dell’economia del dono e della reciprocità. La condivisione delle risorse consente di moltiplicare i servizi di cui volontari ed enti possono beneficiare.
È nato per la community degli ETS del FVG ma il suo primo anno di vita è coinciso con il lockdown e, grazie all’adozione di metodologie agili, ha visto svilupparsi un’altra dimensione – non preventivata, almeno nelle modalità e nei tempi – ovvero quella della messa in rete dell’offerta formativa dei CSV d’Italia.
Ad oggi, nonostante il Covid, sono stati scambiati centinaia di corsi e sono già più di 600 i volontari che ne hanno beneficiato. Sono numeri che, contando solo sulle nostre forze e risorse, non avremmo potuto raggiungere”.