Mario Draghi, insediatosi nel febbraio 2021, sta faticosamente portando a termine il compito che gli era stato assegnato dal Presidente Mattarella: superare la pandemia, approvare una legge di bilancio di sviluppo e operare nell’ambito del Recovery Plan per fare arrivare in Italia gli oltre 200 miliardi di euro del Next Generation Eu.
Il piano prevedeva una rapida approvazione della legge di bilancio, dimissioni e con il consenso di tutti i partiti l’ascesa al Colle. Questo progetto si è un ingarbugliato e gli obiettivi sono stati raggiunti solo in parte.
L’eccezionale impegno organizzativo del generale Figliuolo ha impresso alla campagna vaccinale una spinta che ha portato in nostro Paese a risultati eccellenti con oltre l’84% delle persone Over 12 che risultano completamente vaccinate ma in autunno il virus progressivamente ha ripreso consistenza e con la variante Omicron la situazione sta nuovamente peggiorando, con alcune regioni tornate in zona gialla. La lotta alla pandemia è ancora lungi dall’essere conclusa e ci aspetta un altro inverno con contagi in aumento e strutture ospedaliere sotto pressione.
In ambito economico è in atto una forte ripresa: il Pil a fine anno dovrebbe raggiungere un + 6,2% sull’anno precedente ma, per quanto riguarda la legge di bilancio (la più importante dell’anno in ambito economico), sono iniziati i distinguo dei vari partirti politici e anche Cgil e Uil si sono dimostrate ostili all’Esecutivo, proclamando oggi uno sciopero generale che non si vedeva in Italia da sette anni.
Gli scogli di pensioni e fisco non sono stati ancora superati. Violenta è stata la reazione dei sindacati in ambito fiscale e la lotta si è incentrata, in particolare, sulla destinazione della riduzione fiscale di otto miliardi di euro che il Governo ha messo sul tappeto. I sindacati ritengono che è stato fatto troppo poco per le categorie più deboli di lavoratori e pensionati – quelle per intenderci che guadagnano meno di 35.000 euro l’anno – e che, invece, la riforma così come è stata impostata favorisca troppo il cedo medio soprattutto nella fascia da 35.000 a 55.000 euro.
Anche il fronte pensioni è aperto. Draghi, come promesso, ha convocato le organizzazioni sindacali il 20 dicembre per l’inizio di una discussione che, nei primi mesi del 2022, dovrebbe portare a una riforma parziale in ambito previdenziale. Ma le distanze con i sindacati, galvanizzati anche da un riuscito sciopero generale, sono ancora molto grandi. Le richieste di 41 anni di contributi oppure flessibilità a partire da 62 anni e implementazione delle categorie di lavori gravosi per l’accesso all’Ape Sociale, maggiore ricorso alla previdenza complementare, pensione di garanzia per i giovani e particolare attenzione per chi svolge lavori di cura e per le donne sono concetti che il Governo fatica a comprendere anche a causa dei continui richiami dell’Ue sul contenimento della spese previdenziale che, a suo dire, raggiunge il 15,4% del Pil.
Questa legge di bilancio, il cui arrivo in Aula viene rinviato di giorno in giorno e di cui si prevede l’approvazione in prima lettura a ridosso di Natale, dovrà necessariamente (con un vulnus costituzionale e senza alcuna discussione alla Camera) ritornare al Senato ed essere approvata entro la fine dell’anno, scongiurando l’esercizio provvisorio che l’Italia, a causa della sua situazione debitoria nei contesti internazionali, non può assolutamente permettersi pena un rialzo dello spread che andrebbe a incidere pesantemente sui costi degli interessi del debito stesso.
Rubrica a cura di Mauro Marino, esperto di economia e pensioni