“Nella rivoluzione digitale la follia non è ‘dare i numeri’ ma non utilizzarli”. E’ questo il titolo del convegno che si è tenuto a Treviso, organizzato da Unindustria di Treviso, presso l’auditorium della Fondazione Cassa Marca. Al centro del dibattito i big data: ovvero i dati, le informazioni che, ogni impresa genera. Utili e preziosi: una vera e propria collezione di dati digitali che, se opportunamente organizzati, esplorati, connessi con altri disponibili in rete, e poi utilizzati, possono apportare miglioramenti significativi all’efficienza e all’ottimizzazione dei processi aziendali.
Centinaia le persone presenti: numerosi i giovani degli istituti superiori locali. A relazionare: Paolo Ghezzi, direttore generale di Infocamere; Paolo Gasperi, Ceo di logout e LooCert; Filippo Nardelli, managing director Trentino Division – Expert System; Stefano Niccolini, presidente Aiae; Roberto Siagri, Ceo di Eurotech; Alfonso Fuggetta, Ceo di Cefriel, del Politecnico di Milano. A moderare: Alessandro Garofalo, esperto di innovazione.
I temi trattati: la sicurezza dei dati, il loro valore intrinseco, insieme alla loro applicazione in contesti produttivi e d’impresa. L’Internet of things come creatore di informazioni e dati. L’intervento di Siagri ha dato il valore concreto di questa rivoluzione digitale: “I dati prodotti ogni giorno dagli utenti di Facebook è di circa 700 terabyte. Un motore d’aereo a turbina di nuova generazione è dotato di 5.000 sensori e genera 36 terabyte all’ora, il che significa che bastano 3 voli transatlantici di 12 ore, per generare più di 5 petabyte di dati. Nel 2020 sarà un vero diluvio di dati prodotti da 50 miliardi di dispositivi connessi. Sul fronte dell’economia d’uso invece un’automobile di fascia media costa 50 euro al chilo, uno smartphone di nuova generazione costa 6.000 euro al chilo. La strada per aumentare il prezzo al chilo dei prodotti è di trasformarli in servizio e l’Iot (Internet delle cose) aiuta proprio a fare questo. Stimando che un auto viene usata per il 5% del tempo, un auto senza pilota è in grado di servire un utente, generando un moltiplicatore del prezzo al chilo, di 20 volte”.
“Il mondo imprenditoriale ha compreso che le informazioni generano profitti, oltre che sostenere come i dati stiano aumentando la redditività dei servizi e dei prodotti esistenti. Tuttavia le imprese rischiano di essere sopraffatte dalla mole di informazioni nel caso in cui non sappiano come impiegarle a beneficio del proprio business e staff. Catturare il reale valore dai big data dipende esclusivamente dalla capacità di saperli comprendere. Rappresentano sono una risorsa inestimabile per tutti i processi di business in grado di potenziare il customer engagement e sviluppare nuove opportunità commerciali. Parte di questa sfida sta nell’evoluzione e nel cambio di mentalità avvenuto all’interno delle grandi aziende da ‘knowing culture’ a ‘learning culture’. I big data richiedono un approccio più dinamico e orientato all’apprendimento rispetto a quello expert-based utilizzato fin ora dalle aziende. Per ottenere il giusto valore dalle informazioni, impostare un percorso analitico e integrare i big dati all’interno dei processi di business è necessario sviluppare le giuste competenze interne”, ha spiegato Siagri.
Per Fuggetta: “Viviamo in un contesto comunicazionale molto più difficile di prima: abbiamo a disposizione una mole incredibile di informazioni che è necessario individuare, capire, e discernere. Serve intelligenza, capacità maggiori rispetto a prima dell’avvento di internet. Con creatività è possibile sfruttare questo momento ricchissimo di possibilità”.