Sarà discusso il 16 maggio al Tar del Lazio, in sede cautelare, il nuovo ricorso presentato il 9 aprile dalla Camera di Commercio di Pordenone contro il decreto ministeriale di accorpamento. Lo ha comunicato questa mattina al Consiglio camerale, il presidente Giovanni Pavan al termine dell’incontro per l’approvazione del bilancio 2017, votato all’unanimità.
La vicenda, particolarmente intricata, ruota attorno al D.lgs. 219/2016 in attuazione alla riforma Madia che fissava i criteri per il riordino delle 105 Camere di commercio. L’8 agosto dello scorso anno il Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, nonostante i malumori di alcune Regioni e di numerosi Enti camerali, tra cui quello pordenonese, dichiaratosi favorevole, sin dal lontano 2015 all’istituzione di una sola camera unica regionale, ha disegnato la mappa definitiva delle nuove circoscrizioni territoriali prevedendo la riduzione delle camere da 105 a 60. Un decreto transitato pochi giorni prima in Conferenza Stato Regioni dove però non era accaduto sostanzialmente nulla e sul quale pendeva peraltro un ricorso promosso da quattro regioni – Liguria, Lombardia, Puglia e Toscana – presso la Corte Costituzionale che, il 13 dicembre, accogliendo in parte le istanze di queste ultime, aveva bocciato il documento perché adottato «sentita» la Conferenza Stato-Regioni, anziché «previa intesa» con la stessa.
Pordenone, settimane prima, coerentemente con le proprie posizioni, aveva ricorso al Tar del Lazio contro lo stesso decreto vedendosi però rigettata la domanda cautelare per l’imminenza di un nuovo decreto ministeriale che avrebbe visto la luce di lì a pochi giorni. Una eventualità confermata dallo stesso ministro che ha in effetti firmato il decreto lo scorso 16 febbraio. Uno scenario che ha imposto alla giunta della Cciaa di Pordenone di ridare formale incarico ai legali e di riconvocare le Istituzioni che lo scorso 19 marzo hanno ribadito la propria vicinanza e adesione/condivisione alle azioni camerali.