“In provincia di Pordenone, il sistema manifatturiero, sia quello metalmeccanico, sia quello complementare della gomma-plastica, sta subendo una crisi violentissima”. A lanciare l’allarme è il segretario provinciale e regionale della Fiom Cgil, Maurizio Marcon, che in questi giorni sta seguendo, sul fronte occupazionale, le vicende di diverse imprese del territorio. A partire dalla Savio (leggi l’articolo sotto, ndr), che pure – a differenza di altre realtà – non si trova in una situazione drammatica.
“E’ una crisi di sistema – afferma con forza il sindacalista -. Il nostro apparato era costituito da grandi e medie aziende che facevano subforniture di componenti. Attualmente tutto ciò non è più sostenibile. Nei Paesi dell’Est c’è un sistema duplicato, molto più competitivo in termini di costi. Lì le imprese, sia le multinazionali, sia le stesse aziende di subfornitura, hanno investito molto di più di quanto abbiano fatto in Italia. Oggi il dramma è che stanno scomparendo intere attività industriali, con centinaia e centinaia di lavoratori e soprattutto di lavoratrici che erano impiegati in questo settore e che ora si trovano senza uno sbocco occupazionale”.
Una situazione davvero difficile per il singolo lavoratore, dal momento che rientrare nel mondo del lavoro una volta usciti non è un’impresa semplice. “Le persone – continua Marcon – possono fare relativamente poco. Il sistema dovrebbe pensare e ragionare di mettere in campo azioni di riqualificazione. Ma riqualificare per che cosa? E’ questo il vero tema da affrontare. Nel momento in cui sparisce il lavoro e spariscono anche le imprese perché si spostano da un’altra parte, i lavoratori che hanno perduto il posto non trovano margini per ricollocarsi”.
Un nodo, questo, che affonda le radici nel passato. “Non si è pensato per tempo – insiste Marcon – a trovare una via d’uscita, nonostante che come sindacato da almeno otto-nove anni abbiamo posto il tema del tipo di riconversione industriale attuare per questo settore”.
E gli indicatori dell’ultimo trimeste per quanto riguarda l’andamento dell’economia del Friuli occidentale non confortano. E anche l’export, che è stato storicamente trainante, fa fatica.
“Quello che riscontriamo – specifica il segretario Fiom – in tutti i settori trasversalmente, anche per le aziende internazionalizzate, è che c’è stato un surplus di produzione nel corso del 2018. Le aziende hanno fatto scorta e poi, a partire da ottobre e novembre, hanno iniziato a frenare la produzione e ancora non si vede una ripresa. Sul nostro territorio ci sono dei settori produttivi che dovrebbero trovarsi già nel punto di massima ripresa, ma non abbiamo riscontri in questo senso. In più, essendo la domanda interna in caduta, non c’è nemmeno la possibilità che il mercato interno possa assorbire una parte della capacità produttiva”.