Entro il 20 ottobre, il Governo deve presentare alle Camere il disegno di legge relativo alla legge di bilancio 2022 dove sono contenute le previsioni di entrata e di spesa per l’anno successivo nonché le allocazioni delle risorse necessarie per raggiungere gli obiettivi che l’Esecutivo ha concordato in sede europea.
Tra i provvedimenti più attesi e che vengono procrastinati di anno in anno c’è quello che riguarda un abbassamento delle tasse in generale e una riduzione delle aliquote Irpef in particolare. Attualmente in Italia esistono cinque scaglioni di aliquote Irpef: tra 0 e 15.000 euro al 23%; tra 15.001 e 28.000 euro al 27% sulla parte eccedente i 15.000 euro; tra 28.001 e 55.000 euro al 38% sulla parte eccedente i 28.000 euro; tra 55.001 e 75.000 euro al 41% sulla parte eccedente i 55.000 euro; oltre i 75.000 euro Aliquota al 43% sulla parte eccedente i 75.000 euro.
Aliquote progressive sancite anche dall’art. 53 della Costituzione “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Appare evidente che proprio il terzo scaglione di reddito – che poi è quello che rappresenta il cosiddetto ceto medio – è il più penalizzato. Si passa dal 27% al 38% con un incremento addirittura di 11 punti. Il Governo, e tutti i partiti politici, hanno più volte ribadito la necessità e l’urgenza di ridurre le tasse e le imposte agli italiani e in teoria sono tutti d’accordo. Poi, quando si entra nel merito della questione, la situazione si complica. Il Consiglio dei Ministri pochi giorni fa ha approvato la delega fiscale pertanto già in questa legge di bilancio si potrà operare qualche provvedimento in tal senso.
Una delle tesi che si stanno discutendo è quella di spostare in parte l’imposizione fiscale dalle imposte dirette come Irpef, Ires e Irap a quelle indirette come l’Iva e le varie imposte di Registro, Catastali, sulle Successioni ecc. operando un’armonizzazione dei vari scaglioni Irpef magari portandoli da cinque a quattro. Solo che per effettuare questa operazione sono necessari non meno di 10/12 miliardi di euro e, dovendo approvare una legge di bilancio intorno a 25 miliardi, è praticamente impossibile.
In particolare sono necessari circa 7 miliardi per la riforma degli ammortizzatori sociali che sarebbero validi anche per subordinati, lavoratori a domicilio e autonomi, cinque miliardi sono necessari per la riforma previdenziale comprensiva delle perequazioni per effetto dell’inflazione all’1,5% nel 2021 e per operare una flessibilità in uscita ed evitare il ritorno ‘tout court’ alla legge Fornero, 3 miliardi servono per la proroga del Superbonus al 110% che ha dato ossigeno all’edilizia, altri 3 sono necessari per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego scaduti nel 2018, 2 infine i miliardi necessari per completare le spese pro pandemia nonché per le spese indifferibili ed urgenti che non possono essere programmate.
Come si intuisce sarà quasi impossibile operare una riduzione di tutte le aliquote Irpef e, molto probabilmente, si opererà solamente una riduzione dell’Irap per le imprese nonché una riduzione dal 38% al 34% del solo terzo scaglione Irpef (da 28.0001 a 55.000 euro annui), rimandando, si spera, all’anno prossimo la riforma fiscale che gli Italiani aspettano da troppi anni.