Il deficit di una partecipata può portare al dissesto il bilancio di un ente locale e sono già diversi i casi eccellenti esplosi in Italia. Per questo le amministrazioni sono chiamate entro il prossimo 30 aprile a una nuova revisione sulle proprie partecipazioni in società, per indicare quali vanno conservate e quali, invece, vanno dismesse. Si tratta di un esame che avrà riflessi non solo sui bilanci pubblici, ma anche sui servizi ai cittadini. La questione è stata esaminata oggi dal terzo e ultimo incontro del percorso formativo per i revisori dei conti e i funzionari degli enti locali promosso da Ancrel in collaborazione con l’Ordine dei Commercialisti ed Esperti Contabili di Udine.
“I deficit delle partecipate ha già portato al dissesto i bilanci di diverse città, grandi e piccole, del Nord e del Sud” ha commentato Marco Castellani, vicepresidente nazionale di Ancrel, che ha ricordato casi eccellenti come Alessandria, Genova, Catania. “Con i nuovi principi contabili, in vigore dal 2015 – ha aggiunto – le conseguenze saranno ancora più evidenti”.
La presenza degli enti locali come soci portatori di interessi pubblici in società e consorzi, nella nostra regione rimane consistente. In base alla ricognizione svolta nel dicembre 2010 e, poi, verificata dalla Corte dei Conti nel 2012, le partecipazioni sono attualmente 760. Più nel dettaglio, si tratta di 471 società per azioni, 80 società a responsabilità limitata, 127 società consortili e 82 società cooperative.
Nel corso degli ultimi anni, comunque, c’è già stata una sforbiciata, visto che prima del 2010 erano addirittura 959, ma il più delle volte non sulla base di una chiara motivazione logica o strategica puntuale.
Chiamata di responsabilità per i buchi di bilancio nelle società – “Dal 2010 in poi – ha spiegato il presidente di Ancrel Fvg Rosa Ricciardi – il legislatore ha chiarito che il socio pubblico deve rispondere ai cittadini del capitale investito nella partecipazione, della eventuale copertura di perdite e ricapitalizzazione, delle spese per l’attività corrente delle società di servizi pubblici locali. Va quindi fatto un controllo effettivo molto stringente, più incisivo anche attraverso i soggetti nominati nel Cda delle società, che devono essere in grado di controllare gli scopi istituzionali dell’ente locale che li ha nominati, e definita dal socio pubblico una corretta dinamica dei rapporti tra ente e partecipate per il controllo ‘preventivo’ e la vigilanza ‘sostanziale’ degli organismi partecipati”.
Tempestività delle informazioni all’organo di vigilanza – In questo percorso, la norma nazionale dal 2012 ha affidato anche ai revisori dei conti un compito di verifica sugli equilibri di bilancio dell’ente locale-socio delle decisioni di natura economico-finanziaria delle partecipate, di cui l’ente locale deve disporne “tempestivamente” per poter valutarne gli effetti.
“La legge di Stabilità 2014 – ha aggiunto Ricciardi – richiede ora una nuova ricognizione ‘motivata’ da parte del Consiglio comunale o provinciale per confermare il mantenimento o decidere la dismissione delle partecipazioni che non hanno i requisiti di legge, e fornisce elementi di valutazione molto utili”.
I criteri di esame: quando scatta la revoca degli amministratori e la liquidazione – Dal 2014 le società partecipate, escluso le quotate, le aziende speciali e le istituzioni, anche di Regioni e Camere di Commercio a partecipazione di maggioranza diretta o indiretta devono concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, cioè di sana gestione dei servizi secondo criteri di economicità ed efficienza.
Le partecipazioni vanno mantenute solo se si tratta di società sane, cioè se non gravano sul bilancio della comunità amministrata, e prevede l’accantonamento al 100% delle perdite nel 2018, ma con un periodo transitorio che inizia nel 2015: accantonamento significa per il bilancio comunale meno capacità di spesa per servizi e interventi a favore dei cittadini.
Sempre dal 2015 le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione di maggioranza diretta o indiretta, titolari di un affidamento diretto da parte di soci pubblici per una quota superiore all’80% del valore della produzione, procedono alla riduzione del 30% del compenso del Cda se nei tre esercizi precedenti hanno conseguito un risultato economico negativo e il risultato economico negativo per due anni consecutivi è giusta causa ai fini della revoca degli amministratori. Non si applica ai soggetti il cui risultato economico negativo è coerente con un piano di risanamento approvato dall’ente controllante.
Infine, dal 2017 c’è obbligo di liquidazione delle società, escluse quelle che svolgono servizi pubblici locali, che hanno registrato una perdita in 4 dei 5 esercizi precedenti.