Ci stiamo velocemente approssimando alla scadenza, il 31 dicembre 2021, di una delle più discusse e controverse leggi che riguardano l’ambito previdenziale. Quota 100, la legge fortissimamente voluta dalla Lega di Matteo Salvini che consente a chi ha almeno 38 anni di contributi sommati ad almeno 62 anni di età di poter accedere al pensionamento. Questa legge votata dal Governo gialloverde è stata approvata a titolo sperimentale per gli anni 2019-2020-2021 e pertanto tra poco più di quattro mesi termineranno i suoi effetti.
Diciamo subito che dopo un boom iniziale, dove si contavano circa 2.000 domande al giorno nell’anno 2019, l’interesse da parte dei lavoratori è molto diminuito assestandosi sulle 300/400 domande al giorno negli anni 2020 e 2021. In pratica se nelle intenzioni dei promotori si sperava di raggiungere circa 900.000 domande nei tre anni, alla fine i lavoratori che ne usufruiranno saranno meno della metà. Andando ad analizzare poi la tipologia delle circa 350.000 persone che ne hanno usufruito si nota che sono soprattutto lavoratori pubblici, di sesso maschile, residenti nel centro/nord. Quindi, non è stato un successo né il numero dei lavoratori coinvolti, né la tipologia dei lavoratori interessati. L’unico aspetto positivo è stato il costo per l’erario. Nei tre anni, infatti, dei 20 miliardi previsti se ne spenderanno meno della metà.
Terminando quota 100 alla fine dell’anno ritorna, in quanto mai abolita, l’odiata legge Fornero. La famosa professoressa in questi giorni è stata richiamata come consulente economico nell’esecutivo Draghi, anche se il Sottosegretario Tabacci si è affrettato subito ad affermare che non si occuperà di materia previdenziale e, oltretutto, presta il suo contributo a titolo gratuito.
Al momento le ipotesi sul tappeto per una nuova riforma previdenziale sono almeno tre.
La prima è quella presentata dai sindacati confederali nel corso di una conferenza online il 4 maggio 2021 e prevede 41 anni di contributi per tutti a prescindere dall’età o in alternativa una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni, il riconoscimento delle diverse gravosità dei lavori nonché del lavoro di cura e delle donne, l’introduzione di una pensione di garanzia a favore di giovani che hanno carriere molto discontinue, la tutela del potere d’acquisto dei pensionati e il rilancio della previdenza complementare attraverso un altro semestre di silenzio assenso.
C’è poi la proposta di quota 102 (38 anni di contributi sommati a 64 anni di età). In questo caso, però, il calcolo dell’assegno previdenziale sarebbe interamente calcolato con il sistema contributivo, anziché con il sistema misto. E, infine, abbiamo la proposta del Presidente dell’Inps Tridico, ovvero un pensionamento in due fasi. Dapprima a 63 anni ci sarebbe la possibilità di accesso al pensionamento incassando subito la parte di assegno calcolata con il sistema contributivo e poi al raggiungimento dei 67 anni di età si percepirebbe la restante parte di assegno calcolata con il sistema retributivo.
La proposta dei sindacati, ovviamente, sarebbe la più conveniente per i lavoratori ma secondo calcoli effettuati proprio dall’Inps sarebbe anche la più costosa per l’erario. Costerebbe infatti 4,3 miliardi di euro nel 2022 per poi arrivare fino a 9,2 miliardi l’anno nel 2029. La proposta di quota 102 avrebbe un costo intermedio che partirebbe dai 1,2 miliardi nel 2022 che poi arriverebbero a circa 4,7 miliardi nell’anno 2029 e, infine, la proposta Tridico che costerebbe 500 milioni nel 2022 fino a raggiungere i 2,4 miliardi nell’anno 2029.
Le contrattazioni Governo/sindacati confederali, gli unici a essere stati convocati (con immotivata esclusione dei sindacati autonomi e delle organizzazioni di categoria), sono iniziate alla fine di luglio ma si è trattato di un incontro molto deludente. In pratica il Ministro Orlando si è limitato ad ascoltare le richieste confederali e, alla fine dell’incontro, ha affermato che il Governo valuterà le proposte sindacali e comunicherà le proprie valutazioni, senza nemmeno fissare una data per un nuovo incontro.
La trattativa, quindi, parte in salita, ma la questione è tutta politica. Il Governo Draghi probabilmente vuole arrivare ad autunno inoltrato e inserire nella legge di bilancio da approvare entro il 31 dicembre 2021 solo piccoli interventi come la proroga di Opzione Donne e dell’Ape Sociale, l’Isopensione e l’implementazione dei Contratti di Espansione anche per aziende sotto le cento unità di personale.