Poco più di due anni fa, la Slovenia, Paese da 2 milioni di abitanti, era a un passo dal default. Il sistema bancario registrava una sofferenza pari a 20 miliardi di euro. Il Pil del 2012 aveva registrato, complice il rallentamento delle esportazioni, un abbassamento del 2,3%. La disoccupazione aveva sfiorato il 10 per cento. Una situazione drammatica, che ha costretto il piccolo Stato a varare una serie di misure per evitare di finire come la Grecia: l’aumento dell’Iva dal 20 al 22 per cento, l’introduzione di nuove tasse, la privatizzazione di 15 aziende pubbliche o partecipate, alcuni tagli di spesa.
Per evitare di ricorrere agli aiuti dell’Unione europea, la Slovenia ha dovuto accantonare 4,7 miliardi da destinare poi al sistema bancario. Una manovra che, però, ha portato alle stelle un debito pubblico virtuoso solo fino a pochi anni fa: nel 2011 era pari al 42% del Pil, mentre nel 2014 ha raggiunto quota 80,9%, circa 30 miliardi di euro. Per il 2015 ci dovrebbe essere un ulteriore ritocco verso l’alto, fino a raggiungere l’81,5%. E’ migliorato, invece, il tasso di disoccupazione. Se nel 2013 questo era pari al 10,1%, lo scorso anno è sceso fino a raggiungere quota 9,7. Una percentuale comunque superiore a quella del Fvg.