“La rivendicazione del diritto alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è una costante che, come Cgil Cisl Uil, mettiamo al primo posto della nostra azione quotidianamente, senza allentare mai la presa”, spiegano Emiliano Giareghi (Cgil Udine), Renata Della Ricca (Cisl Udine), Franco Colautti (Cisl Alto Friuli) e Luigi Oddo (Uil Udine) che questa mattina si sono mobilitati per la sicurezza con assemblee nelle aziende, aderendo alla manifestazione unitaria di sabato 22 ottobre a Roma.
“Pur avendo il legislatore normato e riformato le leggi più volte nel corso degli ultimi 20 anni, i morti e gli infortuni sul lavoro non accennano a diminuire, anzi. Non c’è giorno in Italia e anche nella nostra regione in cui non si registrino incidenti e morti sul lavoro; un drammatico primato che genera indignazione nella popolazione e getta nella disperazione migliaia di famiglie ogni anno”.
“Dobbiamo constatare che, dopo alcuni anni nei quali gli infortuni erano in calo sono, purtroppo, ritornati a crescere. Anche quelli mortali, che nel periodo che va dal 2000 al 2016 si erano quasi dimezzati. Ci chiediamo qual è la causa di ciò? E’ la ripresa o, meglio, la ripresina produttiva: a fronte di un aumento delle ore lavorate, si verifica anche un aumento degli infortuni. E si continua a morire ancora e sempre per i soliti noti e maledetti fattori di rischio. L’ennesimo infortunio mortale si è verificato a Udine: Lorenzo che non è più tornato a casa. ma come lui. altri lavoratori e lavoratrici. Si continua a morire per caduta dall’alto, per asfissia nei serbatoi, per schiacciamento sotto i mezzi in movimento, per aver tolto le protezioni nelle macchine operatrici”.
“E queste sono tragedie che colpiscono i lavoratori giovani, ma anche quelli vicini alla pensione. Da anni come organizzazioni sindacali chiediamo più controlli e proponiamo l’introduzione di una patente a punti per classificare e qualificare le aziende. Chiediamo che s’investa su prevenzione e formazione e s’introduca il tema nei programmi scolastici. Bene, in questa chiave, il protocollo siglato con il Dipartimento prevenzione AsuFc sulla promozione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro e in ambito scolastico”.
“Secondo il report dell’Inail, nei primi otto mesi dell’anno sono state 484.561 le denunce presentate: il 38,7% in più rispetto allo stesso periodo del 2021. In diminuzione il numero delle morti bianche. Calano i numeri delle vittime sul luogo del lavoro. Tra gennaio e agosto di quest’anno, sono stati 677 i casi di morti bianche (nel 2021 erano 772), con una diminuzione pari al 12,3%. Crescono, invece, le patologie di origine professionale: da gennaio sono state 39.367, con un +7,9% rispetto allo scorso anno. Veniamo ai dati che riguardano la nostra regione. Nel 2021 si sono verificati 22 decessi di cui 12 nell’ex provincia di Udine, dato di rilievo, se si tiene conto dello stop che hanno subito molte attività. Inoltre, si sono registrate 5.290 denunce d’infortunio sul lavoro. E’ vero che la mortalità è diminuita nel corso del 2022 (siamo a cinque casi mortali, di cui quattro nella nostra Provincia), ma assistiamo anche a un forte incremento (da agosto 2021 ad agosto 2022) dei casi di infortunio sul lavoro (più 13,8 %) e l’ex provincia di Udine è la più colpita, con oltre il 40% rispetto al resto della regione. Le professioni più colpite rimangono ancora l’edilizia, il manifatturiero, la sanità durante il periodo Covid, l’agricoltura, il lavoro irregolare e il caporalato”.
“Ci sono poi anche i lavori in appalto e in subappalto svolti in condizioni destrutturate e pericolose. Il lavoro, in definitiva, si è ridotto a merce che deve costare sempre meno e le persone vengono così private non solo dei diritti contrattuali, ma anche di quello della sicurezza e della salute. Ma il fenomeno è ben più grave, si pensi anche che le statistiche Inail prese a riferimento non comprendono le partite Iva, i liberi professionisti, i lavoratori dei Vigili del fuoco, Polizia ed Esercito così come restano invisibili i lavoratori in nero. Non vogliamo dimenticare la piaga degli infortuni in itinere, che tocca tanti lavoratori e lavoratrici. Da questa semplice analisi emerge che l’incremento delle denunce riguarda tutte le fasce di età, ma la classe più colpita è quella tra 40 e i 59 anni. Sia gli uomini sia le donne hanno aumentato le denunce per infortunio dal 2021: + 24,9% per i primi, + 63,4% per le seconde. L’incremento ha interessato sia i lavoratori italiani (+41,3%), sia quelli extracomunitari 27,7%) e comunitari (+23,5%)”, prosegue l’analisi di Cgil, Cisl e Uil.
“Nelle regioni meridionali si registrano più denunce rispetto alle altre zone. L’analisi territoriale del report Inail evidenzia come sia più consistente l’incremento delle denunce nel Mezzogiorno, con +53,5%. Seguono le Isole (+49,3%), l’area del Nord-Ovest (+46,6%), quella del Centro (+41,4%) e il Nord-Est (+22,2%). Campania, Liguria e Lazio sono le tre regioni con più incrementi percentuali. E’ altrettanto nota, la diffusione nelle aziende di condizioni di lavoro irregolari e illegali: su 10mila aziende ispezionate nel 2021sono state riscontrate irregolarità nel 79,3% dei casi. Il Governo dovrebbe far partire un piano straordinario d’ispezioni, soprattutto nell’edilizia e assumendo ispettori. Per anni si è pensato a tagliare i finanziamenti nelle pubbliche amministrazioni che hanno prodotto la riduzione progressiva del personale degli enti preposti ai controlli della sicurezza nei luoghi di lavoro”.
“L’organico Inail dal 2010 a oggi è diminuito di 2 mila unità, più del 20% del totale, e gli ispettori sono oramai ridotti a poco più di 200; i dipartimenti di prevenzione delle Aziende Sanitarie, quelli cui spetta la funzione ispettiva nelle aziende, hanno visto i propri addetti ridursi dai 5 mila del 2009 ai 2 mila del 2020. Conclude la poco onorevole serie l’andamento degli impiegati dell’ispettorato nazionale del lavoro con un organico ridotto da 6.500 a 4.500unità, il 25% in meno del minimo necessario, appena sufficiente per i compiti amministrativi. Risulta evidente che tali decisioni comportano per le imprese a realizzare lo stesso ragionamento che gli evasori fanno sul fisco, le possibilità di essere colti in fallo da un’ispezione sono così limitate che conviene rischiare e risparmiare sui costi dei dispositivi di sicurezza, riducendo il numero dei dipendenti e non investendo in corsi di formazione”.
“Alcune novità dei recenti provvedimenti, prevedono per il lavoro irregolare, che al momento dell’accesso ispettivo qualora si ravvisi almeno il 10% di personale senza preventiva comunicazione agli enti, si possa adottare la sospensione dell’attività. Ulteriore novità sono per le gravi violazioni in materia di salute e sicurezza con aumento delle sanzioni su una serie di infrazioni. Ove il datore di lavoro non ottemperi al provvedimento di sospensione, viene segnalato alle autorità giudiziarie e incorre nella pena con l’arresto fino a sei mesi oltre al pagamento delle sanzioni economiche”.
“I Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza – Rls se resi neutrali, possono svolgere un ruolo di stretto contatto e collaborazione con i servizi ispettivi e di vigilanza, in quanto non ricattabili non essendo dipendenti. A questi affidare il compito di preavvertimento con le successive denunce sarebbe una buona soluzione. Inoltre, aprire a un incremento della bilateralità è più che mai indispensabile, per aumentare la presenza sindacale nei luoghi di lavoro oggi scoperti. E’ importante che le imprese e i sindacati svolgano sempre più, con gli strumenti della bilateralità, una forma di controllo e di aiuto alle imprese e ai lavoratori in tema di sicurezza, ma questo impegno delle parti sociali non esime lo Stato dal compito, che anche un dovere morale, di tutelare nella integrità psico-fisica di chi, lavorando, produce ricchezza e benessere per tutti”.
“Nella realtà aziendale un passaggio che va considerato, e in parte rivisto, è il ruolo degli Rls. Questi laddove c’è sia la presenza del sindacato, vengono eletti e supportati dal punto di vista tecnico e anche formativo; si crea pertanto una vigilanza che riduce gli infortuni di ogni genere. La stessa cosa non si può dire di come svolgono il compito gli Rls eletti in aziende prive di rappresentanza sindacale. Se ne deduce che visto il numero delle irregolarità rilevate, mettere da parte i soldi per le sanzioni è più conveniente che investirli su attività di prevenzione e sicurezza”.
“Chiediamo una modifica del ruolo della figura del Rls nelle aziende prive di rappresentanza sindacale modificando l’articolo 47 (introducendo il diritto alla consultazione territoriale delle Organizzazioni maggiormente rappresentative e firmatarie dei Ccnl). Ci preoccupa anche la perdita degli affidamenti istituzionali che un tempo garantivano la tempestività degli interventi: oggi una segnalazione di un rischio di pericolosità non ha la precedenza ma viene messa in attesa. Ciò determina che quando arriverà l’ispezione il disastro potrebbe essere già accaduto. La scarsa coscienza civica degli imprenditori nell’investire sulla salute e sicurezza delle lavoratrici e lavoratori ci porta a ritenere che sia necessario lo spettro delle sanzioni. Da qui la nostra pressante richiesta di un aumento delle politiche di controllo. Sebbene le norme prevedono che un’azienda che non è in regola può essere destinataria del provvedimento di sospensione per motivi gravi, raramente non vengono sanzionate con la chiusura se non per fatti gravissimi”.
“Rimane prioritario per il sindacato la formazione e l’addestramento, per tutti i tipi di contratto, a partire già dall’inizio dell’attività lavorativa prima di aderire alla mansione. Per questo diciamo basta e chiediamo zero morti sul lavoro, non con le parole ma con una reazione popolare che superi l’incapacità della politica, dei partiti che inviano corone di fiori ai funerali ma sono refrattarie nell’adottare provvedimenti reali e concreti che riducano l’incidenza degli infortuni e delle malattie professionali sul lavoro”, conclude la nota congiunta di Cgil, Cisl e Uil.