Dal primo maggio, il Fisco conoscerà tutti gli acquisti da noi effettuati lo scorso anno al di sopra dei 3.600 euro. Entro aprile, infatti, tutti i soggetti hanno dovuto comunicare all’Agenzia delle Entrate gli acquisti con scontrino al di sopra di questa soglia che comprende anche l’Iva. Ricordiamo che tutti i pagamenti al di sopra dei mille euro devono essere fatti non con il contante, ma con sistemi tracciabili come il pos, la carta di credito e l’assegno. Grazie allo spesometro, perché di questo si tratta, lo Stato saprà quanto abbiamo sborsato durante il 2014 e potrà valutare se le nostre uscite sono compatibili con i redditi da noi dichiarati. In caso di discrepanze evidenti, il contribuente può finire sotto la lente del Fisco ed essere chiamato a renderne conto. Ma quali sono i possibili problemi per le famiglie? E come evitarli? Abbiamo girato le domande a Lorenzo Sirch, presidente dell’Ordine dei commercialisti della provincia di Udine.
Mole di dati sconfinata
“Iniziamo col dire – spiega il professionista – che la soglia dei 3.600 euro riguarda solamente le operazioni per le quali viene rilasciato lo scontrino. Nel caso delle fatture, invece, i soggetti sono tenuti a comunicare tutte le operazioni, anche quelle di piccolo importo. Si tratta, quindi, di una mole di dati sconfinata che da una parte verrà utilizzata per contrastare l’evasione, dall’altra servirà per scattare una fotografia dell’esistente così da ottimizzare la programmazione delle misure e disegnare le future politiche fiscali, anche migliorandole”.
Aspetti positivi
Sotto questo aspetto, tali obblighi non sono necessariamente negativi. “La raccolta di questi dati – continua Sirch – potrà essere di aiuto per l’introduzione di correttivi alle attuali norme fiscali, che disincentivano sia gli investimenti, sia i consumi delle famiglie. Il potere di accertamento del Fisco potrà, infatti, essere esercitato non con elementi presuntivi e su indici predeterminati, ma su basi concrete. Inoltre, il passaggio dagli indicatori ai dati reali potrà permettere di abbattere il numero dei contenziosi, che nel nostro Paese sono enormi. Basti pensare che in Italia questi sono 591mila, mentre in tutti gli Stati Uniti se ne contano 24mila”.
Consumatori nel mirino
Nel mirino del fisco, però, potrebbero finire anche persone che alle quali viene contestato un reddito non in linea con le proprie spese, ma che non hanno fatto alcunché di irregolare. Un pericolo che potrebbe disincentivare le famiglie a spendere i propri soldi. Tanto per fare un esempio, un giovane potrebbe ricevere dai genitori un aiuto economico, che non va messo in dichiarazione, in vista di un acquisto importante.
Ordine nelle carte
“Ci sono divese entrate – conclude Sirch – che non vanno inserite nella dichiarazione dei redditi, a partire dal rendimento degli investimenti sui titoli di stato o dai disinvestimenti. Nel caso del regalo dei genitori, è bene tenere traccia del regalo, magari optando per il bonifico o l’assegno invece della consegna di soldi contanti. Cosi come, se si vende qualche bene tra privati, sarebbe opportuno stendere una ‘carta’ che dimostri il passaggio. Consiglio poi di conservati con ordine tutti questi documenti almeno per il tempo di prescrizione dell’’accertamento (di norma, si tratta di un periodo di cinque anni), in modo da poterli esibire, di dimostrare che le spese sono state fatte con disponibilità regolarmente detenute e di minimizzare i tempi del possibile contenzioso. Il problema è che sono pochissimi i singoli che tengono questi piccoli ‘archivi’, ai quali però ci si dovrà abituare. In caso contrario, si corre il rischio concreto di dover pagare anche se le cose sono state fatte seguendo le regole”.