L’economia, si sa, non gode di ottima salute e già sembra ‘raro’ che un’azienda decida di espandersi, in particolare se in Italia, addirittura in regione. A complicare i progetti di espansione e crescita aziendale, a volte, ci si mette anche la natura, nello specifico un grillo.
O meglio, una tipologia di grillo, rara e in via di estinzione, che avrebbe determinato il blocco dell’insediamento di nuovi capannoni di Adriastrade nella zona Lisert a Monfalcone.
“La zona industriale del Lisert, parte del Consorzio per lo Sviluppo Industriale del Comune di Monfalcone, come evidenzia il suo stesso nome, nasce al fine di permettere l’insediamento di attività produttive che favoriscano lo sviluppo economico della zona – afferma Sergio Razeto, Presidente di Confindustria Venezia Giulia -. L’area ha quindi destinazione a uso industriale da lungo tempo, con un consistente sviluppo a partire dagli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso e ha visto la realizzazione di numerose opere di urbanizzazione a sostegno di tale vocazione, che stanno proseguendo anche in questo periodo.
Come è noto, gli anni 2000 sono stati testimoni di una grave crisi economica, che ha avuto riflessi anche nel monfalconese, portando alla chiusura di alcune imprese insediate nella zona e alla perdita di posti di lavoro. È quindi comprensibile che in un paio di anni, in assenza di attività e di presenza dell’uomo, la natura possa essere tornata a occupare, con animali e piante, spazi la cui vocazione nei piani locali e regionali non è mai stata modificata”.
Nell’ambito di questo contesto, “la notizia che un’azienda che ha deciso di investire per espandersi all’interno di una zona deputata agli insediamenti industriali, sia costretta a bloccare in toto il progetto, a causa della presenza di un particolare grillo – continua Razeto – , fa emergere con chiarezza la necessità per tutto il territorio di interrogarsi su un punto cruciale: siamo più disponibili a garantire la sopravvivenza di una specie animale o quella del tessuto industriale, la cui presenza è necessaria per la creazione di occupazione oltre che per quella del valore che permette il mantenimento del sistema di welfare e gli investimenti ambientali realizzati dalle Istituzioni”?
Confindustria precisa che “sostiene da sempre la necessità di coniugare la tutela ambientale con l’attività imprenditoriale, ma che se passasse “tout court” l’equazione che in ogni zona industriale in cui vada a insediarsi la presenza di animali e piante si debba bloccare l’attività, ben presto la situazione occupazionale nell’area manifatturiera del monfalconese, potrebbe aggravarsi irrimediabilmente. Non solo. La conseguenza paradossale potrebbe essere che in breve periodo non vi sia più la possibilità di lasciare a uso industriale le zone attualmente preposte, perché prossime ad aree marine, lagunari e collinari da cui possono arrivare specie animali o vegetali peculiari, e che per insediare le aziende sia necessario piuttosto rivolgersi ad aree prettamente antropizzate come i centri abitati”.
Si aggiunge infine che “per poter attirare investimenti, sia di realtà esistenti, che di nuovi soggetti, è fondamentale poter garantire un profilo di certezza sull’uso delle aree di insediamento. Pertanto se una zona è dichiarata a vocazione industriale – conclude Razeto -, ci si aspetta che resti tale”.