Arpa Fvg pubblica sul proprio sito, grazie a un recupero sistematico dagli archivi dell’Agenzia, i dati storici del monitoraggio della radioattività in aria in Friuli Venezia Giulia raccolti ed analizzati dal Centro Regionale di Radioprotezione (CRR) di Arpa Fvg a partire dall’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl del 1986.
Nella sezione dedicata è possibile consultare e scaricare i risultati delle misure della radioattività nel Particolato Totale Sospeso (PTS) e nella frazione depositata al suolo (fall-out). I dati vengono presentati sotto forma di grafici accompagnati da approfondimenti sulle tecniche di misura e di analisi.
Sono passati più di 30 anni dall’incidente di Chernobyl che ha avuto importanti conseguenze anche sul territorio del Friuli Venezia Giulia.
Dal 1988 il CRR, prima operante presso la Fisica Sanitaria dell’Ospedale di Udine e poi dal 2000 in Arpa, ha infatti giornalmente e sistematicamente tenuto sotto sorveglianza la radioattività in aria con strumenti che permettono di rilevarne anche le più piccole tracce.
É stato così possibile monitorare la diminuzione nel tempo di quei radionuclidi artificiali originati in seguito all’incidente alla centrale e sono stati osservati tempestivamente gli effetti di altri incidenti (di scarsa rilevanza dal punto di vista radiologico sul nostro territorio) avvenuti in luoghi anche molto distanti dalla nostra regione.
L’unico radionuclide artificiale presente ormai da decenni è il Cesio-137 (Cs-137). Sporadicamente sono state misurate piccole concentrazioni di Iodio-131 (I-131) e in un solo episodio è stata rilevata la presenza di Rutenio-106 (Ru-106).
Per quanto riguarda i radionuclidi naturali, che rappresentano il maggior contributo all’irraggiamento totale, è sempre stata rilevata la presenza dei principali radionuclidi delle catene di decadimento dell’Uranio-238 (U-238) e del Torio-232 (Th-232), di Berillio-7 (Be-7) e sporadicamente ed in piccole quantità anche di Sodio-22 (Na-22).
Nel grafico sottostante è riportato (in scala logaritmica) l’andamento della concentrazione annuale del Cs-137 nel fall-out in Italia dal 1960 al 2018. Prima dell’incidente di Chernobyl il Cs-137 era presente in maniera quasi uniforme su tutto il pianeta a causa dei test degli ordigni nucleari effettuati in superficie. Attualmente è presente ancora in piccole quantità in quelle aree maggiormente interessate dalla contaminazione dovuta all’incidente di Chernobyl.
Lo I-131 è stato misurato nell’aria del FVG in piccole quantità, non rilevanti dal punto di vista della radioprotezione, alcuni giorni dopo l’incidente avvenuto presso la centrale nucleare di Fukushima a seguito dello tsunami in Giappone del marzo 2011. Sporadicamente lo I-131 può essere presente in atmosfera, sempre in traccia, a causa del suo utilizzo in medicina nucleare.
La presenza di Ru-106 è stata rilevata nelle misure sul particolato atmosferico dei primi giorni di ottobre 2017. Anche le misure di fall-out di ottobre 2017 e dei tre mesi successivi hanno evidenziato la presenza in tracce di Ru-106. Benché questo episodio non abbia avuto nessun impatto dal punto di vista della radioprotezione è degno di attenzione in quanto l’origine della presenza di Ru-106 in aria è ancora oggi sconosciuta. L’analisi di tutte le misure effettuate dai vari laboratori in Europa fa ipotizzare come origine un incidente avvenuto alla fine di settembre 2017 presso un impianto di trattamento di combustibile nucleare esaurito situato nel sud degli Urali.
Oltre alla rilevazione di radionuclidi artificiali, le misure della radioattività nel particolato atmosferico e nel fall-out consentono di monitorare contestualmente altri radionuclidi di origine naturale di particolare interesse scientifico, come ad esempio il Berillio-7 originato nell’alta atmosfera.
Grafici, testi esplicativi e dati scaricabili si trovano nella nuova sezione dedicata del sito web di Arpa Fvg.