I cambiamenti climatici sono una realtà scomoda per molti, in primis per la politica, che dovrebbe prendere decisioni per fare passi concreti cercando di stabilizzare il problema.
Quello che sta accadendo al nostro pianeta potrebbe costarci caro, metterebbe addirittura in dubbio la nostra esistenza, in particolare le generazioni future, gli animali, le piante, gli insetti, la biodiversità, insomma, l’esistenza del pianeta stesso.
Si, perchè vedete, il nostro pianeta ha una febbre spaventosa, come si dice di solito … da cavallo, ma nonostante questo, non si fa niente di concreto per farla scendere. Si fanno congressi, a qualcuno ho partecipato anch’io, c’è chi scrive libri, ma quello che serve, ovvero una svolta radicale nella nostra esistenza, quel passo non lo fa nessuno. Vi chiederete: ma chi dovrebbe fare quei passi concreti, chi dovrebbe prendere decisioni così importanti? Semplice, le persone che sono elette proprio per fare questo, i governanti.
Ho deciso allora, per quel che posso fare nel mio piccolo, di scrivere qualche riga per far riflettere chi leggerà questo articolo, sperando venga letto anche da chi deve agire e, senza presunzione, cercherò di spiegarvi come stanno le cose, attraverso numeri e ragionamenti. Cercherò di focalizzarmi, conscio del fatto che è un argomento che richiederebbe ore e pagine, su ciò che sta succedendo a livello planetario, in particolare nell’artico, per poi vedere le conseguenze sulla nostra regione.
Bene, partiamo. Il nostro pianeta è circondato dall’atmosfera, formata da gas, il 78% da azoto, il 21% da ossigeno, e il rimanente in anidride carbonica e altri gas minori come neon, argon, ozono e idrogeno. L’atmosfera poi è suddivisa in vari strati, la troposfera, che è lo strato più vicino a noi, stratosfera, mesosfera, termosfera ed esosfera, la zona più esterna.
Ma che compito ha l’atmosfera? Il sole non serve solo a illuminare le nostre giornate o per abbronzarsi, ma determina le stagioni, il tempo meteorologico e l’atmosfera ha il compito di proteggere il nostro pianeta dalle radiazioni solari, dai raggi ultravioletti, regola il riscaldamento da parte del sole e ha, quindi, una funzione termoregolatrice.
Abbiamo visto che l’anidride carbonica è già presente in atmosfera; ma cosa succede quando si rompe questo equilibrio e s’immette anidride carbonica extra tramite le azioni antropiche? L’equilibrio ne risente e il clima viene stravolto.
Il sistema terra è programmato per l’anidride carbonica presente in modo naturale, che è fondamentale e permette la vita sul nostro pianeta, ma quando si immette troppa Co2 con le attività antropiche, il sistema terra va in affanno. Quella in surplus, creata dalle azioni umane come la combustione di petrolio, carbone e gas, il sistema non riesce a smaltirla e, quindi, si ha un aumento della temperatura globale.
Per capirci meglio, uso dei numeri. All’inizio della seconda era industriale, grosso modo seconda metà del 1800, la concentrazione in atmosfera di anidride carbonica era di 280ppm (parti per milione) mentre adesso siamo agli attuali 420ppm.
Quindi, a livello globale, cosa comporta l’aumento della temperatura e della Co2, se poi ci aggiungiamo anche il consumo del suolo a causa della cementificazione e le foreste che vengono devastate da incendi o rase al suolo per legname, pascoli e coltivazioni?
Con ciò si ha un’ulteriore riscaldamento, ma non solo. Incendiando le foreste si immette altra Co2 in atmosfera e avendo meno foreste, la Co2 che viene stoccata all’interno degli alberi è minore. I mari, che hanno più o meno la stesso compito degli alberi, cioè di assorbire Co2 e rilasciare ossigeno, vedono aumentare la loro acidificazione; si ha quindi un aumento della temperatura dell’acqua portando così alla morte gli habitat marini come gran parte della barriera corallina.
Avendo un aumento di Co2 e della temperatura, cosa succede nella parte più sensibile del mondo, dove ci sono i ghiacci perenni e il pack artico come ad esempio il Polo Nord?
L’Artico, assieme al Mediterraneo è un hotspot, cioè le due zone più sensibili all’alterazione del clima, e proprio per questo è in profonda sofferenza. Ogni anno si registrano minimi storici sia in estate sia in inverno per quel che riguarda l’estensione del pack e il suo spessore, questo perchè l’aria e l’acqua registrano un aumento della temperatura. Ricordiamoci che l’Artico non si trova su terra ferma come l’Antartide, che è a tutti gli effetti un continente, ma non è altro che mare ghiacciato, Mar Glaciale Artico; solo la Groenlandia ha una calotta glaciale che poggia su terra ferma. E come se la passa la Groenlandia?
Male, molto male. Le temperature invernali ed estive sono in continuo aumento, il Polo Nord ha un’anomalia positiva di 3°C rispetto all’era preindustriale. Le perdite di ghiaccio sono immense se calcoliamo che solo tra il 15 e il 17 luglio di quest’anno, l’isola artica ha perso 6 miliardi di tonnellate di acqua al giorno, per farvi capire sono come 7 milioni di piscine olimpioniche.
E cosa comporta tutta questa fusione? Porta a un preoccupante innalzamento del mare che metterà a rischio tra qualche anno, massimo qualche decennio, gli atolli e le città costiere e comporterà un’ulteriore forte immigrazione, oltre a quella che già si sta avendo per colpa di guerre e siccità.
Ma cosa potrebbe succedere alla nostra regione? A cosa potremo andare in contro? Perchè interessarci di ciò che accade nell’Artico, così lontano da noi? Il nostro pianeta è un sistema complesso, tutto è collegato e le conseguenze del riscaldamento globale si sentono proprio in ogni parte del pianeta sotto forma di varie calamità come alluvioni, uragani, siccità, tempeste di neve, trombe d’aria o grandinate.
Come detto, l’aumento della Co2 porta a un aumento della temperatura, dell’aria, del suolo e anche dei mari/oceani. Questo fa si che la fusione dei ghiacciai sia sempre più veloce ma, allo stesso tempo, l’esaurimento dell’acqua nei fiumi per colpa delle minori precipitazioni in particolare nevose in inverno, si ha una minore disponibilità di acqua dolce per la natura, flora e fauna selvatica, ma anche per le attività umane come l’agricoltura e l’allevamento. Nel nostro Friuli si possono coltivare diverse culture come mais, orzo, frumento, soia, ma tutto ciò un domani, non troppo lontano, potrebbe essere molto difficile senza disponibilità di acqua, proprio come sta accadendo in questa cocente estate 2022.
Prendiamo ad esempio il mais: la nostra regione ha sempre avuto un’abbondante disponibilità di acqua, a Udine cadono in media 1400 mm annui. In questo 2022, però, nell’Udinese sono caduti solo 410 mm in otto mesi. Se non s’interviene in modo drastico e concreto, ad esempio costruendo dei bacini idrici, utilizzando l’irrigazione a goccia, o ricorrendo agli impianti di acqua desalinizzata, sarà quasi impossibile coltivare il mais.
Altre culture importanti per l’economia regionale sono le viti. Ebbene, in questo caso bisognerà usare delle barbatelle di vite resistenti alla siccità in modo che la pianta non soffra in modo particolare della mancanza di acqua, o provvedendo, come detto in precedenza, con l’irrigazione a goccia. Rimanendo nel comparto della vegetazione, anche boschi e foreste risentiranno del cambiamento, varie tipologie di piante lasceranno spazio a quelle più forti e resistenti mentre il livello di altitudine dei boschi crescerà fin verso i 1.800/2.000 metri sul livello del mare. Purtroppo prolifereranno anche insetti dannosi per la vegetazione, come il bostrico dell’abete rosso che sta facendo una vera mattanza di questa pianta.
Il global warming contribuirà a portare nuove tipologie di insetti, più o meno pericolosi o dannosi per l’agricoltura come la cimice asiatica o la zanzara tigre, pericolosa per noi, già ospite fissa nella nostra regione da qualche anno e non solo nelle zone paludose, che è vettore di alcune malattie come Dengue o Chikungunya, oltre che essere molto fastidiosa quando si sta all’aperto, ma ricordiamoci che sono cibo per i pipistrelli, perchè la natura non fa niente per caso.
Un altro aspetto che sarà penalizzato è il turismo, in particolare quello invernale, con precipitazioni nevose scarse, alternate ad altre leggermente più abbondanti, soprattutto al di sotto dei 1.000/1.200 mslm. Per quel che riguarda il turismo balneare, l’erosione delle coste sarà sempre più incisiva e a preoccupare sarà l’innalzamento del mare, basti pensare cosa succede a Grado nel porticciolo interno, quando ci sono delle forti mareggiate con vento di scirocco.
Dovremo quindi difendere l’habitat regionale da queste incognite e dal pericolo degli incendi boschivi dai quali purtroppo è stata interessata la nostra regione. Come far fronte a ciò? Con una capillare vigilanza tecnologica sul territorio, in particolare nelle zone impervie. La tecnologia ci può venire in aiuto, come nell’agricoltura, con soluzioni a portata di mano, e di portafoglio, da parte della Protezione civile regionale. Telecamere a infrarossi, anemometri, sensori termici dell’aria e del suolo e rilevatori dell’umidità, possono avvisare in tempo reale i soccorritori prima che l’incendio si propaghi inserendo tutta questa strumentazione su tralicci dell’alta tensione già presenti, o innalzandone degli altri, alti una sessantina di metri, in modo da coprire tutto il territorio dal Carso alle alpi Carniche passando per le alpi Giulie, questa si chiama prevenzione.
Ovviamente anche a livello regionale c’è il problema della migrazione da parte di popolazioni africane e asiatiche, questo non solo potrà dare un’accelerazione a questo fenomeno verso la nostra regione, ma chi esclude che un domani non saranno i nostri figli o nipoti a dover migrare verso il Centro o Nord Europa?
Non scordiamoci poi gli effetti sulle infrastrutture. Sappiamo che la nostra nazione dal punto di vista geologico è molto fragile, e ovviamente la nostra regione non fa eccezione. Assistiamo ogni mese ad alluvioni improvvise, la maggior parte localizzate, frane, smottamenti, e questo avviene in particolare nella zona montuosa. Fasi sempre più prolungate di siccità e incendi, alternate a fasi di intense precipitazioni, danno luogo a veri e propri disastri, visto la molta energia in gioco, dando vita a violente grandinate, trombe d’aria o trombe marine e alluvioni lampo, questo ultimo fenomeno citato ha una colpa, l’eccessiva cementificazione che non permette all’acqua di defluire, ma che anzi rende impermeabile il suolo. E’ proprio per questo che bisogna fermare l’eccessiva cementificazione del territorio, pensando a una nuova edilizia del ristrutturare il già esistente, o demolire per ricostruire.
Come si può notare, gli aspetti che risentiranno dei cambiamenti sono molteplici. Concludo dicendo che siamo già dentro al cambiamento climatico, per molti aspetti potrebbe essere troppo tardi, ma bisogna provare a stabilizzare la cosa. L’accordo di Parigi del 2015 perseguiva l’obbiettivo di non superare 1,5°V di anomalia positiva, ma a quel punto siamo già arrivati, quindi bisogna spostare l’obbiettivo, non superare i 2°C. Qualche sera fa ho visto un vecchia trasmissione del lontano 1989, condotta dal grande divulgatore Piero Angela, dal quale in 46 anni ho imparato molto, dove già alla fine degli Anni ’80 si parlava di cambiamenti climatici e pochi mesi fa fu proprio lui a dire che Greta era un simbolo, apprezzava il suo movimento, ma che in realtà di questo si parlava già tre decenni fa, e ciò evidenzia ancora una volta che non è stato fatto molto di concreto, tutti i Paesi si muovono in modo disordinato, non c’è un obbiettivo comune o ci sono governanti, come Bolsonaro in Brasile o la presidenza di Trump negli Usa, che sono delle vere e proprie minacce per il pianeta.
E’ vero che ciò che decidono i vari Governi è fondamentale, ma anche le azioni delle singole persone possono fare molto. Decisioni dei singoli, delle attività commerciali, ma anche delle grandi aziende, sono molto importanti così come quelle dei consigli comunali. Noto in molte città, come anche nella nostra bella Udine, che le attività commerciali lasciano le porte aperte con i condizionatori funzionanti, o in inverno con il riscaldamento acceso. Questo è molto sbagliato, non solo perchè si pagano importi più alti nelle bollette, ma il riscaldamento o i condizionatori accesi, emettono altra pericolosa co2 per far funzionare gli impianti. Proprio per questo ho chiesto all’assessore dell’opposizione, Alessandro Venanzi, di fare il possibile per proporre al consiglio comunale un’ordinanza contro questo spreco di energia, ancora più preziosa in questi tempi.
Un altro esempio sono i tanti alberi messi a dimora in città negli ultimi due anni, peccato che almeno il 50% stanno morendo per colpa del caldo e della siccità. Questo vuol dire che non basta piantare alberi e lasciarli al loro destino, ma per due o tre anni devono essere bagnati, altrimenti sono soldi buttati. Servono, quindi, da parte del Comune investimenti in mezzi che saranno sempre più necessari, autobotti, e personale, creando così posti di lavoro. Sono degli esempi che, però, vanno concretizzati al più presto. Ci vuole solo un po’ di attenzione e responsabilità verso l’ambiente e, soprattutto, una visione a lungo termine per fare i giusti investimenti e non farsi cogliere impreparati dai cambiamenti climatici.
*esploratore fotografico da sempre appassionato di meteorologia e climatologia