Ospiti indesiderati come la diabrotica, trabocchetti insidiosi come la aflatossine, oscillazioni al cardiopalma dei prezzi, costi di produzione in crescita e, per giunta, annate dannatamente anomale come quelle del 2013 insidiano la più importante coltura del Friuli: il granoturco. Al netto delle bizze climatiche, però, la complessità cui è sottoposta la maiscoltura oggi suggerisce un’attenta analisi delle variabili in gioco, per capire se il settore può ripensarsi, e come, per rimanere competitivo e redditizio per le imprese coinvolte. Evitando di credere, poi, che Ogm e biogas possano essere la panacea.
Quest’anno in alcune zone del Friuli la perdita della produzione di mais sfiora il 50 per cento. A segnalarlo è Fedagri Fvg sulla base dei primi dati forniti dagli essiccatoi cooperativi.
“L’andamento climatico delle stagioni ha inciso pesantemente sulle previsioni di raccolta – spiega il presidente Giorgio Giacomello – che, quest’anno, dovrebbero segnare un calo che, in alcune zone della regione, potrà raggiungere punte del 50 per cento”.
Le piogge persistenti fino a tarda primavera hanno determinato un ritardo nella tempestività delle semine e delle fasi di fioritura del mais, seguite da un periodo di siccità con temperature al di sopra della media stagionale. A subire le conseguenze del caldo sono stati, in particolare, i circa 30mila ettari non irrigui coltivati a mais, coltura che richiede un elevato apporto d’acqua.
“La qualità dei cereali prodotti dalle aziende agricole regionali – continua Giacomello – rimane elevata e sconta, invece, un andamento dei prezzi che non premia il lavoro degli agricoltori e gli investimenti sostenuti dagli essiccatoi cooperativi”.
Il prezzo del mais, in particolare, dalla scorsa primavera registra un forte calo: mentre la diminuzione delle produzioni riguarderà la Pianura Padana e parte della Francia, nel resto d’Europa si prevede un aumento del 16% soprattutto in Europa orientale, e anche la produzione americana raggiungerà livelli record. Tutto questo concorre alla diminuzione del prezzo rispetto all’anno scorso.
Le tossine si battono con l’acqua – Una corretta gestione idrica, ma anche la scelta della giusta varietà, consentono di limitare lo stress alle piante, che le rende più vulnerabili a funghi e parassiti
La aflatossine nel latte si combattono con l’acqua nei campi. Contro il fenomeno, che rimane sempre in agguato dietro all’angolo, della contaminazioni di muffe e funghi nocivi nella filiera zootecnica è fondamentale recuperare corrette abitudini agronomiche direttamente nelle coltivazioni di mais. A sottolinearlo sono i tecnici del Consorzio Agrario Fvg.
“In una situazione di stress climatico e idrico la pianta del granoturco è più vulnerabile a qualsiasi problema – sottolinea Giorgio Livon, responsabile Settore Mangimi – questo significa che per avere, alla fine, una granella sana e fondamentale una corretta disponibilità di acqua”.
Al di là delle annate eccezionali, come quella appena conclusa e che purtroppo non sono più così rare, una efficace gestione idrica deve essere svolta sempre. Non mancano, infatti, atteggiamenti sbagliati o, per lo meno, imprecisi che poi si ripercuotono sull’intera filiera cerealicola e, ulteriormente a valle, lattierocasearia. È il caso, per esempio, della sospensione dell’irrigazione, per motivi di contenimento dei costi di produzione, una volta portata a maturazione la pannocchia e prima del suo raccolto, che spesso avviene a settimane di distanza: in questa finestra temporale, infatti, la pianta potrebbe entrare in stress e indebolirsi, per essere preda più facile di malattie e parassiti. Altro abitudine sbagliata, con le medesime conseguenze, è quella raccogliere il granoturco nel momento in cui il prezzo della granella si ritiene più favorevole; anche in questo caso, però, il lasso di tempo potrebbe giocare a sfavore della salubrità del prodotto.
Per prevenire il fenomeno delle aflatossine, quindi, è fondamentale una corretta gestione idrica, ma non solo.
“Vanno scelte le varietà di mais più adatte al nostro clima e al rischio di periodi siccitosi – aggiunge Livon – troppo spesso, infatti, si privilegiano non quelle più resistenti, ma quelle più produttive”.
Prezzi sulle montagne russe
La globalizzazione del mercato delle commodity agricole rende difficile
una corretta pianificazione
e la difesa della marginalità
Con un mercato del mais di orizzonte, oggi, mondiale, le oscillazioni di prezzo sono ampie e imprevedibili, rendendo difficile alla singola azienda produttive una efficace programmazione e una difesa della marginalità. È questo lo scenario attuale tratteggiato da Franco Saveri, tecnico del Consorzio Agrario Fvg.
“I prezzi sono oggi determinati dal mercato mondiale – commenta – le oscillazioni sono importanti e ogni singola azienda deve, poi, capire se coprono i suoi costi di produzione”.
Se il prezzo pagato per il quintale di granella è ora di 17 euro al quintale, in calo del 30% rispetto a un anno fa, nel 2009 era addirittura di 11 euro, mentre la media dell’ultimo trentennio si attesta a 14,50 euro al quintale.
Si semina su una bomba a orologeria
La presenza parassitaria della diabrotica è ormai endemica e può essere controllata solo con la rotazione
La presenza parassitaria della diabrotica è esemplificativa delle conseguenze negative di una monocoltura prolungata e intensiva. L‘insetto originario del Nord America, legato al ciclo del mais, è ormai una presenza endemica dei terreni agricoli della pianura friulana, e più in generale padana. I tecnici, infatti, parlano oggi di ‘gestione’ del problema, non della sua eliminazione. Da oltre dieci anni, cioè dai primi casi registrati nel 2002, l’agenzia regionale Ersa vigila sulla sua diffusione, suggerendo le tecniche agronomiche adeguate per il contenimento.
L’annata appena conclusa, caratterizzata da vistose anomalie climatiche, ha penalizzato la coltura del mais e, paradossalmente, anche la diffusione della diabrotica, come spiega Gianluca Governatori del Servizio fitosanitario.
annata pessima per l’insetto
“La primavera piovosa e prolungata seguita da un caldo estivo eccessivo ha limitato la proliferazione dell’insetto – spiega – la popolazione, comunque, rimane consistente, continuando a rappresentare un pericolo potenziale elevato, anche se in alcune zone della media pianura friulana si sono osservate popolazioni anche importanti”.
È come una bomba a orologeria: finora i danni effettivi causati dalla diabrotica sono stati relativamente limitati, ma nel caso di un’annata particolarmente regolare, con un clima mite a maggio, mese di schiusa delle uova e di sviluppo delle larve che si cibano dell’apparato radicale del mais, la proliferazione e i conseguenti danni potrebbero letteralmente ‘esplodere’.
troppa monosucessione
“Quella del granoturco rimane per il Friuli, terra vocata, una coltura strategica, con ottimi risultati produttivi – continua Governatori – la tendenza ancora troppo diffusa, però, è di una monosuccessione del mais sullo stesso terreno anche prolungata, in alcuni casi fino a 10 anni. Se questa scelta può portare all’azienda agricola vantaggi nel breve periodo, aumenta anche i rischi di problemi legati non solo alla diabrotica, ma anche alla gestione delle infestanti, dei nitrati e anche della piralide”.
i conti con il reddito
La miglior soluzione per contenere la diffusione del parassita nordamericano è spezzare il suo ciclo biologico con la rotazione delle colture.
“Ogni 3-4 anni – aggiunge il tecnico Ersa – è fondamentale seminare una coltura diversa dal mais. Certo, gli agricoltori ci chiedono quali alternative hanno per non vedersi eroso il proprio reddito. L’eventuale calo di reddito per quell’anno di interruzione della monosuccessione va, però, spalmato su tutti gli anni a mais ed è, inoltre, compensabile con i vantaggi agromomici che derivano dalla rotazione delle colture”.