In questi giorni si é sviluppata una discussione attorno a una notizia molto importante per il Tagliamento: la respinta della proposta di iscrizione alla tentative list dell’Unesco. Credo sia necessario fare un passo indietro e ragionare su due punti fondamentali. Da un lato, sul perché sia necessario proteggere il Tagliamento. Dall’altro, sul perché la protezione del Tagliamento va di pari passo con la protezione della comunità.
Il Tagliamento è molto studiato per la sua morfologia, in quanto il suo corso per la maggior parte non è stato intaccato da interventi antropici importanti. Altri esempi: il Piave è un fiume che per tipologia potrebbe essere simile al Tagliamento, ma ha numerose prese che negli anni hanno reso il fiume non più naturale, che significa non più free flowing, a flusso libero. Il Brenta, andando ancora più a ovest, è un caso di un fiume simile al Tagliamento ma ancora meno ‘libero’. Questi tre fiumi vengono spesso comparati in articoli scientifici, soprattutto per quanto riguarda la loro morfologia fluviale e come questa cambi in funzione del grado di naturalità del fiume. Ogni intervento antropico, inclusi gli argini che ci proteggono dalle piene del fiume, fornisce un certo grado di disturbo al sistema fiume. Le opere più ingenti, come quelle di canalizzazione o laminazione, sono la causa principale della perdita di aree inondabili e zone umide, fondamentali per prevenire le inondazioni. A livello globale dal 1700 a oggi più dell’85% delle zone umide è stata persa, con conseguente calo della biodiversità e deterioramento della qualità delle acque.
In questo contesto, il Tagliamento fa innamorare gli studiosi perché è l’unico fiume alpino della sua tipologia in cui è ancora possibile studiare il suo corso naturale, ad esempio il modo in cui agisce l´erosione attraverso le piene stagionali dell’alveo attivo (da sponda a sponda), o come evolvono le isole fluviali all’interno dello stesso, oppure ancora come le comunità di piante e animali si adattano al fiume (quest’ultima caratteristica è quella che fa del fiume un corridoio biologico). La necessità di preservare un bene così importante è evidente e indiscutibile.
Una volta assodata la necessità di protezione del nostro fiume, ci si chiede quali siano le modalità migliori con cui procedere. Ci sono diverse alternative per proteggere e preservare il territorio con condizioni e obiettivi diversi, e l’Unesco è una di queste. Proporre un bene alla lista Unesco non significa porre dei vincoli, ma fornire delle opportunità di crescita a lungo termine per il fiume e per le comunità a esso legate. A ogni modo, viste le caratteristiche del Tagliamento, diventa evidente che la sua conservazione comprende il fiume nella sua interezza, superando la frammentazione che, più che territoriale, è stata finora politica. I fiumi non conoscono confini.
È bene specificare che la protezione del bene fiume non intacca in alcun modo la protezione delle persone da parte delle eventuali piene del fiume che potrebbero essere pericolose. Al contrario, la protezione del fiume è un passo necessario proprio per essere certi che eventuali interventi per la sicurezza delle persone non intacchino la capacità del fiume di dissipare l’energia delle piene. Infatti, nella gestione dei fiumi ormai da qualche decennio si è passati dalla costruzione (di dighe o altro) al ripristino e riqualificazione del corso dei fiumi che erano stati ‘costretti’ da questo tipo di interventi, al fine di ridurre la probabilità di innalzamento del livello dell´acqua.
Ci sono più di 1.200 progetti di riqualificazione fluviale in Europa (vedasi restorerivers.eu), che includono lo smantellamento di opere idrauliche, la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e la creazione di invasi naturali utili a laminare le piene.
É dunque ancora possibile combinare una gestione sostenibile del fiume con la mitigazione del rischio. Con il 2020 ha inizio la ‘decade dell’azione’ in cui le Nazioni Unite affrontano due grandi sfide globali: lo sviluppo sostenibile (Agenda 2030 delle Nazioni Unite) e la riduzione degli impatti dei disastri (Accordo di Sendai del 2015). Anche su scala locale, lo sviluppo territoriale deve seguire queste direttive, che nel caso del Tagliamento indicano l’importanza di conoscere l’ecosistema-fiume e il suo contesto: le comunità che lo abitano e i rischi correlati, le dinamiche attese in relazione al cambiamento climatico e le possibilità di gestione sostenibile. La protezione del fiume e quella delle comunità che lo abitano sono due facce della stessa medaglia.
Siamo quindi noi cittadini a dover interrogarci sul valore del Tagliamento, sulle possibilità che offre e sulla grande responsabilità che implica essere custodi di un patrimonio ambientale unico al mondo. La conservazione del Tagliamento deve essere una scelta informata e trasparente, basata sulla conoscenza del territorio e delle opzioni possibili (modalità, vantaggi e svantaggi, casi di studio). Auguriamoci che il dibattito in corso sia un’occasione per informare efficacemente i cittadini, le associazioni e i portatori di interessi sulle possibilità di una gestione sostenibile del fiume in cui si possano salvaguardare gli interessi di tutti.
* Idrologa all’Università di Stoccolma (Svezia), negli ultimi 10 anni ho lavorato nell’ambito della gestione dei fiumi, su casi di studio in Spagna, Lussemburgo, Svezia, Stati Uniti e Vietnam. “Il mio cuore però – confessa – rimane legato al fiume della mia infanzia, che ricordo libero e incontaminato”.
Anna Scaini, Idrologa all’Università di Stoccolma (Svezia), negli ultimi 10 anni ho lavorato nell’ambito della gestione dei fiumi, su casi di studio in Spagna, Lussemburgo, Svezia, Stati Uniti e Vietnam. “Il mio cuore però – confessa – rimane legato al fiume della mia infanzia, che ricordo libero e incontaminato”